Chiunque abbia messo (letteralmente) piede in montagna almeno una volta nella vita sa che, in particolare d’estate, il modo migliore per goderne appieno è percorrerla in lungo e in largo, dal basso all’alto, inoltrandosi su uno dei tanti tracciati che il sole libera dalla coperta nevosa, temporaneamente riposta nell’armadio. In questa stagione che rivela il volto nudo della roccia, della terra e dei pascoli, la figura da non perdere di vista è quella della guida, perché rimanere incantati dal panorama è facile, ma capirlo fino in fondo è un’altra cosa. Per questo, la definizione ufficiale di “accompagnatore di media montagna” sta un po’ stretta a Ernst, che, dopo aver indossato i panni del vigile a Termeno, del soccorritore alpino e dell’operatore della Croce Bianca, una volta raggiunta l’età della pensione, ha deciso di dedicarsi alla sua vera passione: portare la gente in montagna. E quando parla di montagna, questo narratore instancabile di sentieri che sa osservare l’animo umano intende la Val d’Ega (BZ). Qui, può sbizzarrirsi su una proposta di 500 chilometri di sentieri escursionistici che conducono nel magnifico mondo di Catinaccio e Latemar, in un universo dolomitico che prende forme mutevoli e colorazioni infinite.
«Le mie escursioni sono “comode”, ma non per questo meno affascinanti», dice Ernst, che nella capacità di comprendere al volo le possibilità e le esigenze dei partecipanti ha forse la sua qualità più unica e apprezzata. «Arrivo nella hall dell’hotel, vedo i nomi degli iscritti e devo subito capire con chi posso osare e con chi è meglio restare tranquilli. In generale, il mio itinerario del cuore è comunque la Forcella dei Camosci. Ha 600 metri di dislivello e un paesaggio alpino superiore semplicemente meraviglioso». La caratteristica che rende davvero speciali le sue escursioni è però una filosofia che va oltre il semplice, per quanto estasiante, cammino. Seguire Ernst significa affrontare autentici viaggi nel tempo, tra geologia e mito. «In Val d’Ega si trova la “culla del porfido”. Qui passano persino gli astronauti della NASA e dell’ESA per addestrarsi! Parliamo di un super-vulcano tra i più grandi mai esistiti. Raccontare tutto questo affascina davvero le persone», spiega, con un entusiasmo che diventa davvero contagioso sul fronte della leggenda. «Quando accompagno i gruppi al tramonto sul Corno Bianco, racconto la storia di re Laurino e del suo giardino di rose. Mentre il Catinaccio si tinge di rosso, la gente capisce che non è solo una fiaba. È parte viva del paesaggio».
A gestire questo gioiello, nel quale si può sostare anche per più giorni, è la bergamasca Roberta Silva che dopo la scomparsa 10 anni fa del marito, guida alpina, ha deciso di portare avanti il sogno di famiglia: crescere i due figli nella natura che lui amava. Oggi, Roberta è una altoatesina d’adozione a tutti gli effetti ed è sempre a disposizione per dispensare consigli su uno dei tanti giri nel gruppo del Catinaccio, sulle splendide ferrate della Roda di Vaèl e del Masarè o su altre avventure.