In diecimila alle frontiere per dire basta al cibo straniero spacciato per italiano

Redditualità e reciprocità. Due parole chiave che sintetizzano la vertenza aperta dalla Coldiretti con la manifestazione organizzata al Brennero il 7 e 8 aprile scorsi: fermare l’invasione di prodotti agroalimentari stranieri lontani dagli standard italiani per tutelare la salute dei consumatori e il reddito degli agricoltori. Oltre diecimila agricoltori della Coldiretti guidati dal presidente Ettore Prandini e dal segretario generale Vincenzo Gesmundo  con l’intera Giunta nazionale hanno “occupato” il Brennero, luogo simbolo dell’ingresso dei tir carichi di cibo, per  avviare una forte azione di difesa del made in Italy.
E dal Brennero è partita la raccolta di firme da presentare all’Unione europea (si punta ad arrivare a quota un milione) per chiedere che l’etichetta con l’indicazione di origine della materia prima sia  estesa  a tutti  i prodotti alimentari e a tutti i  27 Paesi della Ue. La priorità è la revisione dell’ultima trasformazione del Codice doganale che consente di italianizzare alcuni prodotti esteri, ma anche una ulteriore stretta sulle pratiche commerciali sleali. Una protesta forte con un obiettivo preciso, come ha spiegato Gesmundo: scoprire e “ammazzare” gli inganni a tavola. Il massiccio ingresso di materia prima estera rischia di favorire atteggiamenti scorretti anche in quei settori in cui c’è l’etichetta. Si tratta infatti, hanno denunciato gli agricoltori che hanno animato la manifestazione di Coldiretti, di una vera e propria invasione di prodotti come dimostrano d’altra parte anche i numeri dell’interscambio.
Se infatti il Made in Italy a tavola ha raggiunto un livello record di esportazioni nel 2023 pari a 64,2 miliardi, nello stesso periodo il   valore dell’import è stato di 65,4 miliardi con una crescita del 60% in dieci anni. La priorità – ha spiegato Prandini – è la reciprocità. La concorrenza sleale danneggia gli agricoltori europei sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà. Uno studio dell’Università di Wageningen, ha stimato che l’Europa rischia di perdere fino al 20% della sua produzione alimentare, con punte del 30% per alcuni settori, a causa delle regole troppo stringenti, con l’effetto di rendere il Vecchio Continente sempre più dipendente dalle importazioni dall’estero. Per questo il presidente della Coldiretti ha ribadito che le regole devono essere le stesse per tutti gli agricoltori in termini di sicurezza alimentare, ambiente e lavoro. In gioco non c’è solo la tenuta del settore agricolo e delle filiere alimentari, ma la salute degli italiani e dei cittadini comunitari.
La Coldiretti ha gridato un forte “basta” all’ingresso indiscriminato a tutto quello che arriva dai mercati, senza alcun filtro. Un’azione strategica anche per dare valore al cibo. Un principio troppo spesso dimenticato e che ha portato anche alla svalutazione dei redditi di chi lo produce. “Dobbiamo evitare – ha aggiunto Prandini – che i consumatori siano ingannati e bloccare tutto quello che permette di vendere come italiano, magari anche camuffandone il nome, come un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero. Serve insistere sul principio di reciprocità in una situazione che vede l’ingresso dalle frontiere di prodotti trattati con sostanze e metodi vietati in Europa”. Un caso è quello del grano canadese trattato con il glifosato in modalità vietate in Italia.
Gli obblighi imposti ai produttori italiani devono valere per tutti gli operatori che vogliono vendere nel mercato europeo. Coldiretti ha rivendicato anche una stretta ulteriore per stanare le truffe in tavola. Tra gli ultimi casi denunciati le patate straniere vendute come italiane o i carciofi africani spacciati per brindisini. Senza dimenticare l’olio di semi proposto nei ristoranti come extra vergine.
L’exploit di import fuori controllo d’altra parte rischia di spianare la strada alle frodi. I numeri sono eloquenti.
Nel 2023, secondo il report realizzato dalla Coldiretti, sono sbarcati sul nostro territorio oltre 5 miliardi di chili di ortofrutta (+14% sul 2022), con un vero boom per le patate (quasi 800 milioni di chili tra fresche e congelate) In netta salita anche gli acquisti di succhi di frutta: 202 milioni di chili, il 25% in più del 2022. Al conto pesante di frutta e ortaggi si aggiunge quello di grano duro (3,06 miliardi di kg, +66%) e tenero (4,88 miliardi, +8%). Il quadro si completa con latte (+47%), formaggi e latticini (+11%) e carni di maiale (+4%).
Il problema non è il commercio, ma le attuali modalità che lo regolano.  Nessuna porta chiusa, ma solo la richiesta di azioni in grado di garantire trasparenza per consentire ai consumatori di effettuare scelte consapevoli. In tutto il territorio della Ue. Nella mobilitazione di due giorni sono stati effettuati con le forze dell’ordine controlli su un centinaio di Tir e autobotti.