È liberamente ispirato ad una storia vera risalente al 1982 Pare parecchio Parigi, che, nelle sale cinematografiche a partire dal 18 Gennaio 2024, rappresenta la quindicesima regia per il fiorentino Leonardo Pieraccioni.
Il Leonardo Pieraccioni che, come di consueto, veste anche i panni del protagonista, immediatamente in scena a bordo di un aereo di linea alle prese con turbolenze e sul quale si appresta a raccontare ai due piloti e alla hostess la vicenda a cui assistiamo.
La vicenda che lo vede direttamente coinvolto insieme alle sorelle interpretate da Chiara Francini e Giulia Bevilacqua: tre personaggi che non si parlano da cinque anni ma che si trovano a dover unire le proprie forze dal momento in cui il burbero padre, un professore dal volto di Nino Frassica, comincia a versare in pessime condizioni di salute, tanto da essere quasi non vedente.
Un fatto che li spinge ad esaudire il suo vecchio desiderio di effettuare insieme un viaggio a Parigi; ma rimanendo a Firenze senza che lui sappia nulla, in quanto la struttura ospedaliera che glielo ha affidato ha proibito che si allontani.
Da qui, dunque, a bordo di un camper, i tre rimangono a girare di continuo all’interno di un maneggio di cavalli, facendo credere di volta in volta al genitore di essere arrivati ad una delle varie tappe previste dal percorso.
A cominciare da un ristorante che gli spacciano per una sosta bolognese e dove si consuma uno dei primi sketch esilaranti di Pare parecchio Parigi grazie all’imprevisto incontro con un anziano ex bidello, rientrante proprio tra le conoscenze dell’insegnante.
Fino ad arrivare ad una dogana improvvisata con improbabile francese maccheronico sulla bocca degli artefici collaboratori dei tre fratelli: gli stessi che ricorrono a travestimenti da stambecco e da orso dinanzi a finte Dolomiti.
E, se da un lato abbiamo addirittura il coinvolgimento di due prostitute, dall’altro, come da tradizione pieraccioniana, non manca Massimo Ceccherini, qui impegnato a ricoprire il ruolo di un individuo molesto e, in un certo senso, psicopatico residente ai bordi del maneggio insieme all’altrettanto molesta mamma bigotta, dai connotati di Gianna Giachetti.
Eppure si ride veramente a stento e, mentre il cesaroniano Giancarlo Ratti indossa il camice medico e Gianni Franco si concede un cameo nello scorrimento dei titoli di coda, è molto forte l’impressione che quella che sulla carta appariva in qualità di idea piuttosto accattivante e originale sia stata sfruttata senza troppa fantasia e con una manciata ristretta di frecce nel proprio arco.
D’altra parte, è evidente che, dopo un’infinità di commedie per lo più a sfondo romantico, l’autore de Il ciclone e Il sesso degli angeli abbia cercato tramite Pare parecchio Parigi di alzare l’asticella attraverso un’operazione sì leggera, ma maggiormente improntata sul viaggio quale metafora del riavvicinamento familiare… con tanto di più o meno avvertibile retrogusto drammatico, però chiaramente poco adatta ad un toscanaccio del suo calibro, il cui pubblico è abituato soprattutto alla comicità.