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Le mie ragazze di carta: Lucini Amarcord

È alla fine degli anni Settanta che si svolge Le mie ragazze di carta, che, in arrivo nelle sale cinematografiche il 13 Luglio 2023, vede al timone di regia il Luca Lucini regista, tra l’altro, di Tre metri sopra il cielo, Amore, bugie & calcetto e Come diventare grandi nonostante i genitori.
Un copione che, aggiudicatosi il premio Solinas nel 2007, soltanto sedici anni dopo si concretizza sul grande schermo attraverso la vicenda del giovanissimo Tiberio incarnato da Alvise Marascalchi, passato dalla vita contadina al contesto urbano di Treviso insieme ai genitori Primo e Anna, ovvero Andrea Pennacchi e Maya Sansa.
Un contesto urbano in cui, affiancato dal decisamente più scafato coetaneo Giacomo alias Christian Mancin, figlio del Bastiano dal volto di Giuseppe Zeno e costretto dalla crisi a trasformare il suo cinema in una molto più redditizia sala per film a luci rosse, comincia ad avvertire quelle prime pulsioni sessuali che segnalano il passaggio dalla pubertà alla preadolescenza.
Pulsioni accompagnate da letture di fumetti hard e, ovviamente, visioni clandestine di lungometraggi pornografici all’interno della menzionata sala; dove, oltretutto, abbiamo una simpatica gag incentrata sull’incontro tra un geometra e un professore.
Quindi, mentre il protagonista, di cui è segretamente infatuata l’amica Marika interpretata da Marta Guerrini, perde la testa per la pornostar Milly D’Italia, che non ha mai visto di persona e cui concede anima e, soprattutto, corpo Raffaella Di Caprio, quello che nelle mani dei francesi sarebbe stato un epigono de Il tempo delle mele e in quelle degli americani, probabilmente, un American pie qualsiasi, si rivela una sorta di Amarcord i cui maggiori pregi, al di là delle ottime prove attoriali, vanno individuati nella nostalgica atmosfera retrò resa in maniera efficace.
Atmosfera retrò immersa nel marrone dominante su costumi e toni fotografici e impreziosita ulteriormente dall’ottima colonna sonora a firma di Nicola Piovani.
Ma, tra un Neri Marcoré sacerdote allenatore di rugby e un Cristiano Caccamo che, tanto per ricordare che siamo nel terzo millennio dell’inclusività gratuita da grande schermo, si cala nei panni di un travestito che instaura un rapporto di amicizia con il padre di Tiberio fornendo una sottotrama tutt’altro che indispensabile a Le mie ragazze di carta, ci si chiede quale sia l’utilità di un ennesimo romanzo di formazione in fotogrammi riguardante la crescita.
Un romanzo di formazione che si lascia tranquillamente guardare nonostante il ritmo generale non proprio incalzante e coinvolgente, ma che, pur sfoggiando un finale a suo modo affascinante nella simbologia che coniuga amore e Settima arte, come buona parte delle produzioni italiane del XXI secolo sembra soltanto già pronto per una messa in onda televisiva in prima serata.

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