Air – La storia del grande salto non è il biopic sul campione Michael Jordan, ma il resoconto di una vera vicenda che non sussisterebbe senza di lui, come spiega anche Ben Affleck, qui al suo quinto lungometraggio da regista dopo Gone baby gone, The town, Argo e La legge della notte.
Un resoconto in fotogrammi ambientato nel 1984 e in cui lo stesso Affleck ricopre il ruolo di Phil Knight, fondatore e CEO della Nike, in quanto è un’incredibile e rivoluzionaria partnership che ha cambiato il mondo dello sport e della cultura contemporanea a trovarsi al centro della oltre ora e cinquanta di visione.
La partnership tra un giovane Jordan e, appunto, la nascente divisione dedicata al basket della Nike, con l’introduzione del marchio “Air Jordan”.
Un’operazione che, dunque, si concentra sull’impresa di una squadra non convenzionale che mette in gioco il proprio futuro compiendo una scommessa decisiva.
La squadra guidata dall’anticonformista manager della Nike esperto di marketing Sonny Vaccaro, interpretato da Matt Damon, dal suo collega e consigliere Howard White, ovvero Chris Tucker, e da Rob Strasser. Quest’ultimo, vicepresidente del marketing, è incarnato da un Jason Bateman destinato a completare l’ottimo cast principale di Air – La storia del grande salto insieme a Julius Tennon e Viola Davis calati nei panni del papà e della mamma di un Jordan che, invece, non vediamo mai in volto.
Del resto, come Affleck precisa: «Sono grato a Michael per aver condiviso ciò che è stato importante per lui. La sua presenza e la sua influenza si fanno sentire nell’arco di tutto il film, anche se non appare il suo volto. Essendo una leggenda – una figura indiscutibilmente importante e significativa, che gode di così alta stima – non volevamo infrangere l’illusione, ma piuttosto lasciare che il pubblico invocasse i propri ricordi e le proprie esperienze su ciò che per ognuno ha rappresentato e rappresenta Michael Jordan».
Ma è il personaggio della Davis, a conoscenza dell’immenso talento di suo figlio, a rivelarsi uno dei maggiori punti di forza dell’elaborato, già a partire dalla telefonata consumata con il sopra menzionato Vaccaro.
Perché, con un’apertura sulle note della Money for nothing dei Dire Straits atta ad accompagnare un collage d’immagini anni Ottanta comprendenti, nel mucchio, l’ex presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, i telefilm Supercar e A-Team, le pellicole cult Nick lo scatenato e Ghostbusters – Acchiappafantasmi e il videoclip di Do they know it’s Christmas? della Band Aid, è soprattutto sulle valide prove degli attori che poggia Air – La storia del grande salto.
Con punte d’ironia a condire opportunamente i tanti dialoghi e una ricca colonna sonora che, tra una Atomic dog di George Clinton e una Time after time di Cyndi Lauper, approda ad un utilizzo abbastanza scontato della Born in the U.S.A. di Bruce Springsteen… pur non penalizzando affatto il non disprezzabile risultato finale di un titolo che conquisterà, senza dubbio, in particolar modo i fan della NBA e del fenomeno della pallacanestro diventato il più grande di tutti i tempi.
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