American Night: l’arte del crimine

In arrivo nelle sale cinematografiche il 19 Maggio 2022, American night è il primo lungometraggio diretto da Alessio Della Valle, proveniente dall’universo degli short.
Una produzione italiana dal ricco e piuttosto curioso cast, considerando che, un po’ alla maniera dei film di Louis Nero o di determinati lavori finanziati da Andrea Iervolino, annovera sia star hollywoodiane che nomi nostrani legati al cinema di genere e non solo.
Infatti, se da un lato abbiamo il gomorriano Fortunato Cerlino e, coinvolti in piccoli ruoli, nomi quali Maria Grazia Cucinotta, Marco Leonardi, il David Zed divenuto noto negli anni Ottanta come uomo robot del piccolo schermo, il Marc Fiorini di Tentacoli e l’Aaron Stielstra di Zombie massacre 2: Reich of the dead, dall’altro a fare da protagonisti alle circa due ore di visione sono Emile Hirsch e Jonathan Rhys Meyers. Il primo nei panni di Michael Rubino, divenuto capo di tutti i capi della mafia di New York ma desideroso di dedicare la sua vita alla pittura per diventare un grande artista. Il secondo in quelli di John Kaplan, mercante d’arte disordinato e ombroso ma migliore al mondo nell’individuazione di falsi. Due personalità destinate ad incrociare le loro strade quando avviene il furto della Pink Marilyn di Andy Warhol.
Un evento che finisce per scatenare una serie di accadimenti imprevisti atti a caratterizzare un thriller neo-noir il cui maggiore pregio è rappresentato dai variopinti notturni della fotografia di Ben Nott e Andrzej Sekula. Quest’ultimo proveniente, come pure il Michael Madsen presente in pochi momenti, dalla filmografia di Quentin Tarantino, cui American night – che si concede anche un omaggio televisivo a Bruce Lee – guarda in maniera evidente mentre strizza più volte l’occhio, inoltre, ai gangster movie di Martin Scorsese e al super classico Il padrino di Francis Ford Coppola.

Paz Vega in una scena del film

Ma, tra una Paz Vega impegnata in una particolare sequenza di sesso con corpi ricoperti di colori per dipingere e uno scontro a fuoco sulle note della Heart of glass dei Blondie, inclusa nella nutrita colonna sonora insieme a Venus in furs dei Velvet underground, l’operazione, pur tecnicamente non disprezzabile, non si limita che ad alternare situazioni potenzialmente interessanti a continui e a lungo andare stancanti discorsi filosofeggianti posti sulle bocche dei criminali al centro del tutto. Afflosciandosi, di conseguenza, piuttosto presto e risultando tirata non poco per le lunghe, fino ad un’ultima sorpresa posta durante i titoli di coda.
I palati meno esigenti, comunque, potrebbero rimanerne soddisfatti.

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