Dopo quasi novanta titoli in curriculum come attrice, Claudia Gerini passa dietro la macchina da presa con Tapirulàn, in uscita nelle sale cinematografiche il 5 Maggio 2022.
Un lungometraggio di cui è anche protagonista nei panni di Emma, counselor che, single e tutt’altro che in cerca di una relazione stabile e di una vita sociale, trascorre le giornate in casa correndo sul suo tapis roulant; mentre risponde alle videochiamate dei clienti che la contattano attraverso l’app di counseling per la quale lavora. Clienti comprendenti, tra gli altri, il Max di Corrado Fortuna, il Fabio di Maurizio Lombardi, la Anna di Daniela Virgilio e, soprattutto, il Lorenzo di Stefano Pesce, amorevole padre che ha tentato il suicidio.
Soprattutto lui perché finisce per rivelarsi importante nell’ideale percorso di autoanalisi che la donna, più o meno inconsapevolmente, arriva ad intraprendere nel fornire le proprie consulenze; man mano che viene anche a sapere dalla sorellastra Chiara alias Claudia Vismara che il loro padre sta morendo e necessita di cellule staminali.
Un percorso di autoanalisi orchestrato nell’inanellare le diverse conversazioni spazianti da chi dichiara di aver investito un cane a chi scopre di essere gay; offrendo oltretutto la possibilità di toccare la tematica dell’omofobia, presente insieme a quella degli abusi sul sesso femminile.
E, mentre non mancano neppure interventi di Marco, supervisor di Emma interpretato dal Fabio Morici che è anche sceneggiatore – al fianco di Antonio Baiocco – di Tapirulàn, viene affermato da un lato che ci si può riparare soltanto da ciò che è fuori e non da quel che abbiamo dentro, dall’altro che non possiamo fare nulla al nostro passato, ma è sempre possibile ricostruire il futuro, perfino sulle macerie.
Nel corso di un’operazione che, efficacemente accompagnata dalle suonate al piano della colonna sonora di Geoff Westley, si svolge quindi quasi del tutto in interni, riallacciandosi in un certo senso al filone dei film ad unico ristretto scenario d’ambientazione (pensiamo soltanto a Locke con Tom Hardy o La parola ai giurati di Sidney Lumet).
Un’operazione di conseguenza caratterizzata da un’impostazione teatrale testimoniata anche dall’importanza conferita alle buone performance sfoderate dal cast e che la Gerini gestisce a dovere, sia in scena che in cabina di regia… sebbene qualche minuto in meno avrebbe sicuramente giovato a Tapirulàn.
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