Diretto da Aaron e Adam Nee e in arrivo nelle sale cinematografiche italiane il 21 Aprile 2022, The lost city sembra voler suggerire che un libro non si giudica dalla copertina… ma dal modello che compare su essa (!!!).
Modello che possiede in questo caso i connotati del Channing Tatum di Magic Mike e che è anche l’eroe dei testi in questione: il protagonista dei romanzi d’amore e di avventure ambientate in luoghi esotici concepiti dalla penna di una solitaria scrittrice di successo interpretata da Sandra Bullock (oltretutto produttrice del film).
Modello che, in maniera inaspettata, si trova a doversi mettere seriamente in gioco nella vita reale quando la donna, in tour per promuovere il suo nuovo libro, viene rapita da un eccentrico miliardario incarnato dall’ex Harry Potter del grande schermo Daniel Radcliffe, il quale è convinto che lei possa condurlo al tesoro dell’antica città perduta. Il motivo? Pare l’abbia descritta decisamente bene nella sua opera letteraria.
Quindi, se da un lato non è difficile avvertire più o meno vaghi echi provenienti dalle imprese dello spericolato archeologo spielberghiano Indiana Jones, dall’altro risulta impossibile non pensare al plot che nel 1984 fu alla base di All’inseguimento della pietra verde di Robert Zemeckis.
Del resto, anche in quel caso avevamo una scrittrice di successo che finiva coinvolta in una frenetica escursione nella giungla con tanto di prezioso bottino in ballo. Ma, tra un divertente imprevisto con sanguisughe e il rischio di tirare le cuoia rinchiusi all’interno di un sarcofago, il movimentato spettacolo in fotogrammi a stelle e strisce in questione individua il proprio maggiore punto di forza nell’autoironia inaspettatamente sfoggiata sia da Tatum che da un Brad Pitt presente nel piccolo ruolo di Jack Trainer, una volta tanto tutt’altro che belli impossibili e invincibili.
E, man mano che la storica hit anni Ottanta The final countdown degli Europe viene utilizzata in maniera decisamente esilarante, The lost city approda ad un’ultima sorpresa posta durante lo scorrimento dei titoli di coda. Lasciando nello spettatore l’impressione di aver assistito ad una piacevole commedia d’azione che si può tranquillamente vedere, ma a cui qualche minuto in meno nella durata (siamo oltre l’ora e cinquanta) avrebbe di sicuro giovato, evitandole una evidente caduta di ritmo avvertibile nella sua parte centrale.
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