The French Dispatch: l’intellettualità del cinema

The French Dispatch è il decimo film diretto dal maestro Wes Anderson, premio Oscar per Grand Budapest Hotel del 2014. Il film, in uscita l’11 novembre e distribuito da Walt Disney Pictures, presenta un cast stellare formato da: Timothée Chalamet, Bill Murray, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Adrien Brody, Frances McDormand, Owen Wilson e Saoirse Ronan.
La pellicola racconta varie storie diverse tra loro e collegate insieme da un tema comune: il giornalismo e la redazione del quotidiano parigino intitolato The French Dispatch. Da questo giornale prendono avvio le tre storie principali che vengono descritte nel film in modo surreale, poetico e pittorico riflettendo a pieno lo stile iconico del regista. Ciò che colpisce immediatamente l’occhio dello spettatore è infatti l’ambientazione e la scenografia del film poiché si può assistere fin dal primo minuto ad una Parigi magica composta da un insieme di colori, sfumature, chiaroscuri e luci davvero straordinari. L’impressione che si ha infatti è quella di trovarsi all’interno di un quadro o per meglio dire di un dipinto a metà tra l’espressionismo e l’astrattismo dove la luce, i colori e le forme strane rappresentano i veri protagonisti indiscussi della pellicola. Oltre a tutto ciò è molto importante anche l’uso della parola e la parola stessa che nel film di Anderson prende corpo come se fosse un vero e proprio personaggio con un proprio vissuto. In The French Dispatch sono le parole scritte e parlate a cambiare il destino degli uomini, ricordiamo infatti che attraverso questo film il regista vuole scrivere una lettera d’amore alla scrittura, in particolare al mondo del giornalismo da sempre apprezzato da Anderson stesso. La redazione di cui parla il film tratta vari temi tra cui la politica, la cronaca, l’arte, la moda e cucina.
Quando il direttore del quotidiano muore, i giornalisti decidono di pubblicare un numero commemorativo con tutti gli articoli più letti e più apprezzati, tra cui tre episodi di notevole importanza che vengono raccontati nel film come fossero dei quadri narrativi di approfondimento. Si tratta in particolare di tre episodi: un rapimento di uno chef, un artista che viene condannato per un duplice omicidio e un servizio che riguarda i moti studenteschi che hanno visto protagonista la città francese di Ennui-sur- Blasé in Francia. La pellicola di Wes Anderson contiene in sé tante citazioni cinematografiche che si possono leggere come omaggio a registi francesi come Truffaut, Renoir e Tati, l’intero film rende comunque onore al cinema francese in generale ed in particolar modo alla corrente della Nouvelle Vague. C’è da dire che questo film non è certo per tutti, ma si pone sicuramente come un lungometraggio intellettuale, complesso e denso di citazoni artistiche, filosofiche e letterarie che a volte risulta criptico e di difficile interpretazione anche per un occhio esperto.

Bill Murray in una scena del film

Il ritmo narrativo e stilistico risulta a volte troppo ridondante e retorico correndo il rischio di generare confusione nello spettatore che si trova davanti una pellicola un po’ troppo e solo per cinefili che alla lunga può risultare poco emotivo o addirittura freddo. Incredibile la bravura dell’intero cast, vera perla del film, in particolare del nuovo astro nascente Timothèe Chalamet.

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