Sostanze tossiche nelle mascherine? Cosa dicono gli studi

Come già sapevamo grazie ad alcuni studi, le famigerate mascherine, sia quelle chirurgiche che quelle di cotone, sarebbero in grado di bloccare solo in parte le particelle di covid-19 disperse nell’aria. Ma le ricerche più recenti hanno portato alla luce evidenze più preoccupanti. Al di là del fatto che le mascherine possano presentare il rischio di ottenere più effetti collaterali che benefici a causa di un utilizzo scorretto, di recente la rivista svizzera per i consumatori K-Tipp ha deciso di esaminare le mascherine utilizzate da alcuni pendolari a Zurigo per verificare se fossero contaminate.
I risultati ottenuti dal laboratorio preoccupano particolarmente. Infatti, undici delle venti mascherine contenevano più di 100.000 colonie batteriche di cui tre, addirittura, superavano il milione. In particolare, sono stati individuati i batteri appartenenti alla famiglia degli Staffilococchi, che potrebbero causare polmoniti e meningiti.
E’ proprio l’ambiente ambiente caldo e umido che si forma tra mascherina e bocca a favorire la proliferazione di questi pericolosi agenti patogeni.
Fondamentale, quindi, sostituire regolarmente le mascherine appena si inumidiscono e cercare di non toccarle.
Ultimamente Valter Rigobon, presidente di Adiconsum Veneto, ha rivelato come analisi chimici di laboratorio confermino in molte mascherine la presenza di tracce considerevoli di biossido di titanio, nota sostanza cancerogena. Per l’esattezza, su circa 700 mascherine, da quelle chirurgiche a quelle Fp2, ma anche in quelle colorate, di varia tipologia, in circa 450-500 sarebbe stato riscontrato biossido di titanio in quantità variabile da 100 ppm (corrispondenti a mg/Kg, ndr) a 2000 ppm.

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