Molecole, di Andrea Segre, in Pre-apertura alla Mostra del Cinema di Venezia

Ci sono cose che è molto difficile per un padre condividere con suo figlio e che un figlio può iniziare a capire solo diventando padre.
Tra febbraio e aprile di quest’anno Andrea Segre, che da anni vive a Roma, è rimasto bloccato dal lockdown a Venezia, la città di suo padre e solo in parte anche sua. Lì stava lavorando a due progetti di teatro e cinema sulle grandi ferite della città: il turismo e l’acqua alta. Mentre girava il virus ha congelato e svuotato la città davanti ai suoi occhi, riconsegnandola alla sua natura e alla sua storia, e in qualche modo anche a lui. Ha raccolto appunti visivi e storie e ha trascorso quei giorni nella casa di famiglia, dove ha avuto modo di scavare nei ricordi di ragazzo e di figlio, che lo hanno trascinato più a fondo di quanto pensasse.
Archivi personali in super8 di Ulderico, il padre del regista e vero protagonista del film, si alternano a incontri con cittadini veneziani, che raccontano il rapporto tra la città e le acque e nello stesso tempo vivono l’arrivo inatteso del grande vuoto che ha invaso Venezia e gran parte del mondo.
A tenere assieme le immagini sono la voce fuoricampo del regista, le musiche di Teho Teardo e un’atmosfera di attesa e stupore, che pervade tutto il materiale visivo ed esistenziale di questo strano viaggio, irreale (nel senso di fantastico) e irrealizzabile (nel senso di non programmabile, non organizzabile), ma nel cuore di un evento molto reale e storico, che ha segnato e segnerà il mondo per sempre.
«Per fare un film bisogna pensarlo, scriverlo, organizzarlo, girarlo», ha commentato Andrea Segre in merito alla sua partecipazione alla 77esima edizione della Mostra del cinema di Venezia. «Per Molecole non c’è stato nulla di tutto ciò. Non mi sono nemmeno accorto di girarlo. L’ho vissuto ed è uscito da solo, in un tempo e una dimensione che non potevo prevedere. Molecole è sgorgato. Come l’acqua. Poterlo presentare come film di pre-apertura della Mostra è per me un grande onore, il modo migliore per ringraziare la città che lo ha fatto nascere».