Era il 31 gennaio 2020 quando sulla Gazzetta Ufficiale veniva pubblicato la “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, firmata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg).
Eppure il 25 febbraio lo stesso premier continuava ad affermare che «L’Italia è un paese sicuro, forse più di molti altri. Si può viaggiare e fare turismo» (https://www.youtube.com/watch?v=OoHvwZVCAGs). Finché a marzo è successo quello che tutti abbiamo visto. La domanda che tutti gli italiani si pongono è: “Quando finirà realmente questa tormentata emergenza sanitaria?”.
Di recente il primo vero scossone è stata dato dal prof. Alberto Zangrillo, primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale dell’Ospedale San Raffaele di Milano, nonché tra i primi dieci medici al mondo (nell’ultimo biennio) per numero di pubblicazioni in ambito “anesthesia” e “intensive care” (fonte: Scopus). «Il virus clinicamente non esiste più», aveva dichiarato Alberto Zangrillo, coinvolto in prima linea nella lotta contro Sars Cov 2, dopo un’accurata analisi sul calo costante dei ricoveri in generale e in particolare quelli in terapia intensiva e poi uno studio a firma dei professori Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dello stesso San Raffaele, e Guido Silvestri, virologo e docente alla Emory University di Atlanta.
Questa dichiarazione ha suscitato molte polemiche da parte di quella ampia parte della medicina filogovernativa, che ancora oggi continua, anche se con evidente difficoltà, ha diffondere informazioni intrise di una sorta di terrorismo psicologico, anche se minore rispetto a quello propinato nei periodi di piena pandemia, quando ogni emittente televisiva inculcava bollettini di morte quotidiani (i decessi erano totali e non solo da covid: https://youtu.be/VwSA6-384rs) e immagini drammatiche, spesso di repertorio, rendendo al situazione ancora più grave di quella già esistente.
Ma al di là delle dichiarazione di Zangrillo ad inizio giugno, nessuno può negare la drastica riduzione dei contagi e soprattutto delle vittime da covid. Del resto ogni anno abbiamo a che fare con un’influenza stagionale che si acutizza in pieno inverno, mietendo tante vittime, per poi affievolirsi nei periodi caldi (senza mai scomparire definitivamente). Ma se ogni anno l’influenza torna a farsi risentire verso gennaio, perché quest’anno dovrebbe tornare in anticipo, in autunno? Così vorrebbero far credere molti virologi basandosi su alcune proiezioni statistiche, frutto di un algoritmo matematico che non presenta nessuna evidenza scientifica. Stiamo parlando degli stessi virologi protagonisti del mainstream, diventati personaggi popolari proprio nel cuore della pandemia, alcuni dei quali hanno avuto modo di promuovere i loro libri o avvalersi di consulenze dorate in programmi tv. Sono questi stessi virologi, spronati dall’industria farmaceutica, a convincere il pubblico che la normalità sarà possibile riacquistarla solo con l’arrivo di un fantomatico vaccino. Ma nel frattempo, la “dittatura sanitaria” mantiene il suo dominio.
Al di là delle ipotesi, ciò che è stato osservato in questo drammatico periodo è, senza ogni ombra di dubbio, il cambio della politica nei confronti dei cittadini. La brutale sospensione della democrazia in nome dell’emergenza sanitaria, ha calpestato i diritti fondamentali della libertà personale garantiti nella Costituzione italiana.
Queste misure restrittive emergenziali che si sono attivate in funzione della pandemia, una volta finita l’emergenza, non avrebbero più ragione d’esistere. Ecco che allora la meschina “speranza” di un terribile ritorno di una seconda ondata di contagi, annunciato assiduamente per l’autunno, fa intuire come sia importante per le istituzioni, tenersi stretta questa emergenza. Peccato che la stessa teoria aveva previsto, proprio per questi giorni, ben 151 mila malati italiani in terapia intensiva. Questi reparti invece sono praticamente vuoti.
Per questa folle ideologia, il covid-19 non deve mai andarsene del tutto, in modo che le misure liberticide del nuovo regime terapeutico sanitario non vengano mai meno.
Queste restrizioni della libertà, sotto la minaccia della paura del virus, permettono al governo di rimanere saldo, senza nemmeno subire ribellioni da parte del popolo.
Ma le pressioni arrivano anche dall’estero: la crisi economica nazionale rendi inevitabile la svendita di molte aziende italiane alle multinazionali: una prassi già avviata gradualmente dalla crisi del 2008.
Foto: Palazzo Chigi (licenza CC BY-NC-ND 2.5 IT)