Dal 24 aprile è disponibile nelle sale italiane Un’altra vita – Mug, i film firmato dalla regista polacca Malgorzata Szumowska, interpretato da Mateusz Kosciukiewicz, Agnieszka Podsiadlik, Malgorzata Gorol e Roman Gancarczyk.
Jacek (Mateusz Kościukiewicz) ama l’heavy metal, la sua fidanzata (Małgorzata Gorol) e il suo cane. La sua famiglia e i parrocchiani del suo paesino lo trovano un tipo bizzarro e divertente. Jacek lavora presso il cantiere edile di quella che dovrebbe diventare la statua di Cristo più alta del mondo. Dopo che un grave incidente lo sfigura completamente, tutti gli occhi vengono puntati su di lui mentre si sottopone al primo trapianto facciale del Paese.
«Questo personaggio che suscita ansia, ilarità, sconcerto, non solo tra i famigliari, ma anche in tutto il paesino, mi ha colpito per la sua energia pura e genuina, la sua onestà in un mondo fatto di distorsioni», dichiara la regista, che proprio con questa pellicola si è aggiudicata il Gran Premio della Giuria alla 68° edizione del Festival di Berlino. «Jacek possiede tutte le caratteristiche di un eroe romantico. È la personificazione della libertà».
Nel film viene rappresentata una famiglia polacca a un punto di svolta della propria storia, e i giudizi dei vicini daranno il loro perso alla criticità della situazione. «Il mio obiettivo non è etichettare una famiglia polacca che vive in provincia», continua Malgorzata Szumowska. «Questa è una fiaba che narra di un ragazzo che diventa un disadattato, non soltanto un emarginato, bensì un vero e proprio rinnegato, in un certo senso, addirittura un peccatore».
A far da contrasto vengono inseriti i diversi punti di vista tra la vittima e i parenti. Tutti sembrano giudicare l’aspetto di Jacek tranne, forse, la sorella e il nonno, mentre lui vuole solo che le cose tornino come erano prima dell’incidente. La Szumowska trovo questo aspetto particolarmente interessante: «Dentro è sempre lo stesso, è cambiato solo il suo aspetto. In lui, non c’è alcun odio verso il destino. Jacek non si ribella né si infuria a livello emotivo, in lui non c’è alcun astio né disprezzo per la vita. Sa che la vita va avanti, sono le persone che ha intorno che non gli danno una seconda possibilità».
Secondo Mateusz Kościukiewicz, prendere parte a questo progetto gli ha consentito di tornare alle origini della recitazione: «Mi ha ricordato i tempi in cui ero all’università. Allora ero interessato al teatro di Grotowski e riflettevo sulle varie tecniche recitative, su quali tipi di maschere indossiamo quando recitiamo in un film o saliamo su un palco. Riflettevo, inoltre, su come questa professione si sia evoluta nel corso degli anni. Gli attori del passato salivano sul palco esclusivamente indossando delle maschere, nel teatro antico non poteva essere altrimenti. Lavorando al personaggio di Jacek, quest’approccio mi sembrava importante. Tanto più perché, per quasi tutta la durata del film, indosso una maschera. Nel cinema contemporaneo un attore si trova raramente a confrontarsi con una situazione simile».
Fanno da sfondo alla vicenda alcuni eventi reali, come la costruzione della più grande statua di Cristo del mondo, a Świebodzin, più grande anche di quella di Rio de Janeiro e la prima operazione di trapianto facciale al mondo, per salvare un paziente.