[ads2]
Trento Film Festival (26 aprile – 5 maggio 2019) conferma la formula di successo delle ultime edizioni, che alla programmazione di oltre 100 documentari nelle varie sezioni, dedicati alle tante anime della montagna, affianca i migliori lungometraggi di finzione di ambientazione estrema, scelti dai migliori festival internazionali, e la riproposta di film muti, classici e di culto, in nuove versioni restaurate.
È nel segno dell’esplorazione e dell’avventura la scelta dell’apertura del programma cinematografico del festival, sabato 27 aprile, con la spettacolare biografia kolossal di produzione norvegese Amundsen, diretta dal regista candidato all’Oscar nel 2012 per Kon-Tiki Espen Sandberg, in collaborazione con il Norwegian Film Institute. Nel ruolo del leggendario e controverso esploratore norvegese Roald Amundsen, che dedicò l’intera vita alla scoperta di nuove terre, sacrificando tutto per realizzare i suoi sogni, la star internazionale Pål Sverre Hagen. Culmine del film le impressionanti ricostruzioni delle trasvolate polari dei giganteschi dirigibili di concezione e fabbricazione italiana Norge e Italia, quest’ultima conclusasi con il tragico incidente del 25 maggio 1928, con 6 dispersi e 4 superstiti, tra cui Umberto Nobile, che resistettero sul pack nella celebre “tenda rossa”. Uscito nelle sale norvegesi lo scorso 15 febbraio, Amundsen avrà la sua anteprima internazionale al Trento Film Festival.
Prima italiana invece per The Sweet Requiem di Ritu Sarin e Tenzing Sonam, presentato al festival di Toronto 2018, e seguito ideale del loro acclamato Dreaming Lhasa (2005) prodotto da Richard Gere. Ispirato a un incidente avvenuto nel settembre 2006 sul passo Nangpa-La, a 5.800 metri di altezza sul confine Tibet-Nepal, quando le guardie di frontiera cinesi aprirono il fuoco su un gruppo di tibetani in fuga uccidendo una suora di 17 anni, l’appassionato racconto di denuncia di Sarin e Sonam ribadisce il loro impegno per la causa tibetana. Protagonista di The Sweet Requiem è Dolkar, donna tibetana in esilio a Delhi, che 15 anni prima scappò dal Tibet compiendo un traumatico viaggio attraverso l’Himalaya, con cui sarà costretta a rifare i conti.
Da altri grandi festival internazionali come Berlino, Locarno e Zurigo arrivano i tre lungometraggi che completano la sezione “Anteprime”: Il mangiatore di pietre di Nicola Bellucci con Luigi Lo Cascio è un cupo thriller ambientato sulle montagne tra Italia e Svizzera, dove gli “spalloni” di un tempo accompagnano oggi i migranti in fuga; Fortuna dello svizzero Germinal Roaux, filmato in un meraviglioso bianco e nero e ambientato in un monastero a 2000 metri sulle Alpi innevate, sarà l’occasione di un omaggio al grande Bruno Ganz, recentemente scomparso, qui in uno dei suoi ultimi ruoli; Yara del cineasta franco-iraniano Abbas Fahdel porterà il pubblico alla scoperta della Kadisha Valley in Libano, patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO, accessibile solo a piedi o dorso di mulo, che fa da sfondo al delicato racconto di un primo amore tra la giovane protagonista e un escursionista.
Come tradizione del Trento Film Festival la celebrazione della montagna al cinema non si limita però alle novità contemporanee, ma guarda alla storia del cinema, tra classici, riscoperte e film di culto, in versioni restaurate. Torna così anche quest’anno il grande spettacolo del cinema muto musicato dal vivo, un’abitudine del festival e del pubblico trentino, con il recente restauro da parte del Deutsches Filminstitut di Francoforte di Der kampf ums Matterhorn, o La grande conquista nella versione italiana, caposaldo del genere bergfilm prodotto nel 1928 in Germania ma diretto dagli italiani Mario Bonnard e Nunzio Malasomma. La spettacolare celebrazione di sfide e avventure alpinistiche, ricostruzione romanzesca della prima salita del Cervino da parte di Edward Whymper, verrà accompagnata dalle note dell’ensemble “Musica nel buio” diretto da Marco Dalpane.
Dal Cervino si passerà a un’altra vetta regina delle Alpi con la prima italiana del restauro, promosso da Pathé e realizzato presso i laboratori de “L’Immagine Ritrovata” a Bologna, del film francese del 1943 Premier de cordée di Louis Daquin, classico del cinema di montagna d’oltralpe, mai passato a Trento, la cui nuova versione restaurata esalta gli impressionanti scenari del massiccio del Monte Bianco, teatro della vicenda.
Confermato in programma, venerdì 3 maggio, anche l’appuntamento notturno con il cinema di genere, che quest’anno proporrà agli spettatori più curiosi e coraggiosi Dead Mountaineer’s Hotel, cult movie sovietico anni ‘70, folle commistione tra thriller, fantascienza e psichedelia diretta da Grigori Kromanov. Nel film prodotto in Estonia ma ambientato tra le Alpi, restaurato e concesso dall’Estonian Film Institute, l’ufficiale di polizia Glebsky si prepara a passare una notte in un misterioso hotel di montagna, immerso nella neve, tra ospiti decisamente stravaganti che si comportano in modo sospetto e nascondono un segreto…
Il Trento Film Festival 2019 si svolgerà dal 26 aprile al 5 maggio. Il programma completo della 67. edizione, compreso il Concorso Internazionale che assegnerà le Genziane d’Oro e d’Argento, e i più attesi di documentari di alpinismo e avventura, oltre agli ospiti dei numerosi attesi eventi dal vivo, verrà annunciato martedì 9 aprile, e sarà disponibile nel corso della stessa giornata sul sito web del festival: www.trentofestival.it