Il poeta e scrittore Fernando Pessoa, icona della letteratura del primo ‘900 portoghese, “calca” per la prima volta un set cinematografico grazie ad una coraggiosa e originale trasposizione curata nei minimi dettagli da Giulio Base. Il banchiere anarchico, scritto e diretto dallo stesso Base, è proprio il frutto del suo amore letterario “sconfinato” nei confronti di Pessoa. Presentato alla 75° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, la pellicola ha già suscitato molta curiosità e ammirazione da parte della critica.
Alla fine di una cena nel suo disadorno palazzo blindato, un potentissimo banchiere celebra frugalmente il suo compleanno. La ricorrenza si fa occasione per soddisfare le curiosità dell’unico commensale (e forse unico amico) riguardanti la sua misteriosa ma irresistibile ascesa verso un’enorme ricchezza. Figlio del popolo, il banchiere sostiene che quel suo impero economico
trae origine da una volontà di lotta sociale evoluta, che va condotta in solitudine, ma non per questo meno radicale dell’ideologia di quelli che si professano anarchici duri e puri.
Sostiene il banchiere che l’atto dell’isolarsi è l’unico modo per condurre una vera vita rivoluzionaria, per una militanza politica superiore a quella dei suoi vecchi compagni di ribellione che lui oggi apostrofa come “le puttane della dottrina libertaria”.
L’uomo stordisce l’ospite con una colta esposizione sofistica intrisa di idee incendiarie contro le ingiustizie della borghesia e di denunce feroci nei confronti della strapotenza del veleno mortale che mina dall’interno la nostra libertà: il denaro. Denaro che il banchiere ha incamerato senza scrupoli e senza regole per, sostiene, essere libero. Senza vergogna.
Il ruolo dell’interlocutore del banchiere è interpretato da Paolo Fosso, che già aveva lavorato con Giulio Base in teatro.
«E’ il film che avrei sempre desiderato fare e finalmente ne ho trovato il coraggio», commenta Giulio Base.
L’ambientazione del film, così come la scenografia, può far ricordare molto l’atmosfera teatrale, anche se il regista la vede diversamente: «Sembra teatrale ma secondo me c’è molto cinema, quello puro, estremo». In effetti sia le inquadrature che la fotografia fanno emergere tutta la competenza, meticolosità e raffinatezza maturata in tanti anni da Giulio Base, sui set cinematografici e nelle fiction televisive, dove ha persino diretto grandi attori, supportato da produzioni importanti.
La visione de Il banchiere anarchico è altresì uno spunto di riflessione sull’attualità, sui concetti di libertà in cui la politica assume spesso un carattere di supremazia. «C’è una cosa dell’anarchismo, che può piacere o meno, e che io sposo: è l’unica tra le filosofie e le politiche che nega il concetto di confine».
Dal serio al faceto, ancora una volta Giulio Base riesce ad alternarsi in vari generi: inizia come attore teatrale, poi passa al cinema, alla televisione, sempre con disinvoltura e tanta curiosità di sperimentazione.
Realizzato da Agnus Dei Production di Tiziana Rocca, in collaborazione con Rai Cinema, Il banchiere anarchico sarà nelle sale italiane a partire dall’11 ottobre, distribuito da Sun Film Group.
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