In attesa di sbarcare a New York, la mostra “Lapidarium Frammenti” dell’artista Gustavo Aceves fa tappa a Forte dei Marmi. Suggestioni e bellezza che si mischiano in un percorso artistico in grado di soddisfare il pubblico anche più colto a raffinato. Una mostra che è stata pensata per il centro di Forte dei Marmi, con una disposizione di undici sculture monumentali, posizionate in pieno centro lungo via Carducci, piazza Garibaldi e via Spinetti.
Il progetto per Forte dei Marmi, in esposizione dal 30 giugno fino al 30 settembre, a cura di Enrico Mattei, rappresenta il tentativo di Aceves di dare una risposta dinamica e forte a una delle questioni più pressanti e dibattute dei nostri tempi, più che mai all’ordine del giorno in questo periodo: l’emergenza migratoria. E rispetto a quanto accaduto altrove, a Forte dei Marmi l’evento culturale instaura un confronto storico con quella che era un’altra ‘migrazione’, quella dei pregiati marmi che, dal centro del paese e del suo simbolico Fortino, venivano trasportati fin sul pontile e da lì, una volta caricati sui navicelli, partivano per tutto il mondo.
Si tratta di un progetto esclusivamente culturale, un percorso artistico che propone opere che incantano e fanno meditare. Un progetto, che dopo aver toccato location internazionali come la porta di Brandeburgo a Berlino e i Mercati di Traiano a Roma, nel dicembre prossimo sbarcherà a New York.
In Lapidarium l’artista messicano dà forma al pensiero di una crisi dalle radici profondamente fissate nella storia, dal momento che ogni scultura rappresenta un momento di una particolare diaspora della storia antica. I cavalli monumentali sono sculture lunghe tre metri ciascuna, realizzate in materiali diversi: bronzo, ferro, marmo, travertino.
Lapidarium è anche un progetto “work in progress”. Ogni installazione, nel corso del tour mondiale delle esposizioni, arricchisce la collezione fino a completarla. Sculture uniche, che non prevedono multipli. Ogni scultura evoca un frammento della storia dell’uomo, creando e offrendo a tutti uno spazio di riflessione immerso nel silenzio. Lapidarium nasce come progetto nelle acque nel Niger: una piroga piena di uomini, donne e bambini, metà barca di Caronte metà Cavallo di Troia. Lapidarium è un testimone muto. Silenzioso come il silenzio dei migranti che si trovano a metà del tragitto. Lapidarium non è un‘archeologia delle migrazioni umane benché il vagare ne sia a fondamento. Il vagare e l’occultamento. Lapidarium è una rilettura di un nuovo lessico che inizia con la B di Barbaro e finisce con la X di Xenofobia; tra queste, come un ponte ignominioso, la S di “Sans Papier”. Il progetto ha le sue origini il giorno in cui l’uomo è partito dall’Africa. E testimonia il giorno in cui l’uomo continua a partire dall’Africa. La sua topografia è modellata solo dalle acque. Il Mar Rosso che si apre agli ebrei nel loro cammino alla Terra Promessa e oggi si chiude al ritorno dei “senzaterra”. Il Mar Nero che testimonia le migrazioni verso l’Oriente tanto prossimo dei “Peuples de la Mer”, gli stessi che ancora oggi continuano ad affogare nell’indifferenza di tutti. Il Mar Morto, mare senza onde, desolato. Dove è nata la idea della resurrezione per tutti gli uomini e oggi mare degli erranti nel loro ultimo giorno. Il Mare Nostrum. Finalmente, l’altra riva.