Per la prima volta viene portato sul grande schermo un tema scottante che esiste da decenni, molto discusso negli ultimi tempi: gli abusi sulle donne nei posti di lavoro. E’ così che il cineasta Marco Tullio Giordana ha deciso di accettare la proposta di realizzare Nome di donna, un film che mostra, senza ipocrisia e luoghi comuni, come l’universo femminile sia costretto a combattere il fenomeno delle molestie, in particolar modo quelle più subdole, anche indirette, da parte di chi detiene il potere. «Era una sceneggiatura molto bella – spiega Giordana – perché non affrontava questo tema dal punto di vista della denuncia “militante”, ma indagava un personaggio femminile coraggioso e temerario, e soprattutto quello che succedeva intorno a lei, alle altre donne».
Nina (Cristiana Capotondi) si trasferisce da Milano in un piccolo paese della Lombardia, dove trova lavoro in una residenza per anziani facoltosi. Un mondo elegante, quasi fiabesco. Che cela però un segreto scomodo e torbido. Quando Nina lo scoprirà, sarà costretta a misurarsi con le sue colleghe, italiane e straniere, per affrontare il dirigente della struttura, Marco Maria Torri (Valerio Binasco) in un’appassionata battaglia per far valere i suoi diritti e la sua dignità.
Secondo la protagonista Cristiana Capotondi, il fatto che questa vicenda sia ambientata nel mondo del lavoro «è molto interessante perché riposta un po’ il tema alla necessità che abbiamo, cioè di fare pulizia nel mondo del lavoro».
Nel cast troviamo anche Stefano Scandaletti, Michela Cescon, Bebo Storti, Laura Marinoni, Anita kravos, Stefania Monaco, Renato Sarti, Patrizia Punzo, Patrizia Piccinini, con la partecipazione di Vanessa Scalera, Linda Caridi e Adriana Asti.
Cristiana Mainardi, sceneggiatrice del film, ha cercato di «dare vita a un personaggio che potesse uscire da quell’esercito relegato nel limbo del silenzio e di raccontare una storia che restituisse almeno in parte la complessità e il dolore rappresentato dalla molestia anche quando si agisce la volontà di affrontarla anziché subirla. La volontà di non sottostare all’abuso di potere. Di non accettare il ruolo di vittima predestinata. Di ribellarsi».
Nome di donna, nei cinema dall’8 marzo, distribuito da Videa, è prodotto da Lionello Cerri per la Lumière & Co. «Crediamo sia fondamentale su alcune tematiche sociali aumentare il nostro livello di sensibilità culturale – afferma il produttore – e che il cinema possa e debba rappresentare un grande contributo a questo scopo. Anche quando questo rappresenta una scelta imprenditoriale ardua e, all’apparenza, in controtendenza rispetto ai gusti di un pubblico portato verso linguaggi e contenuti di più facile fruizione».
Marco Tullio Giordana in conferenza stampa
Cristiana Capotondi in conferenza stampa
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