Di controtendenza a tutti quelli che descrivono la Napoli attuale in negativo, tra disperazione, sparatorie e droga, i fratelli Vanzina, che si autodefiniscono “due romani innamorati di Napoli”, hanno realizzato Caccia al Tesoro, una commedia che vuole mostrare quel che è rimasto della cultura tradizionale partenopea. «Napoli, secondo noi, è il centro della comicità e della commedia italiana», dichiara Enrico Vanzina alla presentazione stampa. «E’ un film che noi abbiamo fatto proprio pensando a Napoli a livello nazionale. Nostro padre, tra l’altro, è stato il grande regista di molti attori napoletani: a partire da Totò, Peppino De Filippo, fino a Bud Spencer (in “Piedone l’africano”, ndr). Per cui questo film è un grande omaggio a quella Napoli che c’è e che non si racconta più».
La nuova pellicola firmata dai Vanzina, al cinema a partire dal 23 novembre, ha inizio con le vicende di Domenico Greco (Vincenzo Salemme), un attore che naviga nei debiti, rassegnato a recitare in piccoli teatri semivuoti. Vive a sbafo in casa della cognata Rosetta (Serena Rossi), vedova di suo fratello, che ha un figlio di nove anni malato di cuore. L’unico modo per salvarlo sarebbe operarlo in America, ma l’operazione costa 160 mila euro. Disperati, vanno a pregare San Gennaro chiedendo un miracolo. E San Gennaro addirittura risponde, dando loro il via libera per “prendersi” uno dei gioielli della sua Mitra custodita insieme al famoso Tesoro nella cripta della chiesa. In realtà sono le parole di un parcheggiatore che rimbombano nella navata, e che Domenico e Rosetta scambiano per quelle di San Gennaro.
Insieme a Ferdinando (Carlo Buccirosso), Cesare (Max Tortora) e Claudia (Christiane Filangieri), parte una “Caccia al Tesoro” che li porterà da Napoli, a Torino, fino a Cannes in Costa Azzurra. Entrano in scena poliziotti, rapinatori professionisti, camorristi e mercanti d’arte, in una girandola di situazioni esilaranti, ma allo stesso tempo umane.
Caccia al Tesoro è stato concepito come una action-comedy, che scorre con ritmo serrato e appassionante tra Napoli, Torino e Cannes. Ma può apparire anche come una sorta di favola realistica, in cui la finzione, a volte, può diventare anche verità.
Carlo Vanzina definisce questo film come «una storia “monicelliana” e molto comica tipo “I soliti ignoti”, incentrata su persone sprovvedute coinvolte in un’impresa più grande di loro. Anche se si ride molto c’è una forte disperazione di fondo, volevamo riproporre tra equivoci e impedimenti vari i classici ingredienti di un genere che purtroppo oggi non si pratica più e che è stato a lungo un caposaldo della commedia italiana attraverso tanti film che raccontavano in maniera molto divertente la preparazione e l’esecuzione di un “colpo grosso”, penso ad esempio ad un giallo rosa per antonomasia come “Sette uomini d’oro” di Marco Vicario”».
Enrico Vanzina in conferenza stampa
Vincenzo Salemme e Carlo Buccirosso in conferenza stampa
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