“La musica cambia tutto” è la prima frase che ascoltiamo in apertura di The garbage man, che, in arrivo nelle sale cinematografiche il 28 Novembre 2024, segna il ritorno dietro alla macchina da presa per Alfonso Bergamo, autore de Il ragazzo della Giudecca.
E, non a caso, uno degli aspetti che maggiormente vengono messi in risalto nel corso dello svolgimento dell’insieme è proprio quello musicale, con una colonna sonora a firma di Francesco Marchetti sfoggiante anche diversi brani in lingua inglese.
Brani che contribuiscono a conferire un certo respiro internazionale a quella che è, a tutti gli effetti, una vicenda che rimane orgogliosamente piantata con i piedi su suolo italiano per fondere il genere con un plot che potrebbe tranquillamente rispecchiare una delle tante notizie di cronaca nera nostrane.
Plot incentrato su un introverso e autodistruttivo netturbino senza nome che, interpretato dal bravo e sottovalutato Paolo Briguglia, si muove per le strade di un’imprecisata periferia del sud portandosi dietro un oscuro passato legato ad un padre violento; man mano che, oltre a scovare nella spazzatura oggetti dimenticati di cui le persone tendono facilmente a sbarazzarsi, trascorre le proprie giornate lavorative affiancato da un collega in possesso dei connotati di Randall Paul, il quale lo chiama Man.
Collega la cui figlia incarnata da Roberta Giarrusso, con figlioletta al seguito dal volto della piccola Giulia Di Pasquale comincia a frequentarsi proprio con Man, sempre più desideroso di ripulire il mondo dal marcio che impregna la società.
Marcio in questo caso rappresentato in particolar modo da un immancabilmente malvagio e come di consueto convincente Tony Sperandeo, dinanzi al quale, dunque, la figura di quello che viene anche definito “spazzino” assume un evidente valore metaforico.
Al servizio di una quasi ora e quaranta di spettacolo in fotogrammi la cui prima parte si concentra soprattutto sulla costruzione dei rapporti destinati ad instaurarsi in maniera progressiva tra i citati personaggi principali; avanzando lentamente e con la voce interiore del protagonista atta ad accentuarne il dramma che ne affligge ogni giorno i pensieri.
Mentre, grazie al fondamentale apporto dei toni cupi trasudanti dalla fotografia di Daniele Poli, The garbage man si rivela un’opera visivamente potente, caratterizzata da una notevole attenzione per l’immagine e non priva di influenze e citazioni cinefile, dalla trama simil-Drive di Nicolas Winding Refn al pestaggio sotto la pioggia incessante in chiaro omaggio all’Arancia meccanica di Stanley Kubrick.
Cineasta, quest’ultimo, nei cui confronti non ha mai oltretutto nascosto profonda ammirazione Alfonso Bergamo, che consente al tutto – sceneggiato insieme ad Armando Festa e Craig Peritz – di sfociare in una vendicativa sequenza di tortura comunque non troppo compiaciuta o sadicamente esplicita… rivelandosi ancora una volta autore originale e nient’affatto propenso ad allinearsi alla banalità della Settima arte tricolore “intimista” d’inizio terzo millennio per concretizzare, evitando al contempo il facile intrattenimento da cinecomic, quello che in un’altra nazione rappresenterebbe, senza alcun dubbio, il primo tassello di una saga supereroistica.