Iddu – L’ultimo padrino: Denaro per Germano e Servillo

Con Iddu – L’ultimo padrino, nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 2 Ottobre 2024, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza ci portano da qualche parte in Sicilia, nei primi anni del XXI secolo.
Dopo Salvo, incentrato sul sicario di un boss mafioso, e Sicilian ghost story, che, a dispetto del titolo, non è un film dell’orrore ma un’opera basata sulle vicende legate alla sparizione e all’omicidio dell’adolescente Giuseppe Di Matteo, i due registi tornano dunque ad immergere la propria macchina da presa nell’oscuro universo della malavita dell’estremo sud d’Italia.
Stavolta, infatti, sono alcuni eventi legati alla vita di Matteo Messina Denaro – boss dell’organizzazione criminale di taglio mafioso-terroristico Cosa nostra – a fornire lo spunto di partenza delle oltre due ore di visione.
Oltre due ore di visione che prendono avvio dal momento in cui il politico di lungo corso Catello Palumbo, soprannominato “il preside” e in possesso dei connotati di Toni Servillo, scontati per mafia alcuni anni di prigione si ritrova fuori dalle sbarre che ha praticamente perso tutto; cogliendo, di conseguenza, l’occasione per rimettersi in gioco quando i Servizi Segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio: Matteo, appunto, ultimo grande latitante in circolazione.
Il Matteo cui concede anima e corpo l’infallibile Elio Germano e ospite in casa di Lucia alias Barbora Bobulova, con il quale Catello inizia quindi un unico quanto improbabile scambio epistolare cercando di approfittare del suo vuoto emotivo.
Senza fare i conti col fatto che azzardare con una figura pericolosa di tale calibro comporta un certo rischio… man mano che in scena troviamo, tra gli altri, Betti Pedrazzi nei panni di Elvira, moglie di Palumbo, e Antonia Truppo in quelli di Stefania Messina Denaro.
Tutti volti destinati a rendere la recitazione il maggiore punto di forza di Iddu – L’ultimo padrino, che vanta oltretutto un buon lavoro sulla colonna sonora eseguito da Colapesce senza l’abituale collega Dimartino.
Perché, sebbene Grassadonia e Piazza tentino di conferire al tutto una parvenza di originalità nell’infondere un certo sapore grottesco ricorrendo ad una inaspettata sottile venatura ironica, l’eccessivamente lento ritmo di narrazione non può fare a meno di testimoniare una forte debolezza d’insieme.