Diretto da Jonathan Glazer, La Zona d’interesse riporta al cinema il tema dell’Olocausto o Shoah, e lo fa con l’abusato termine di banalità del male riportato da molti per cercare di recensire la pellicola citando senza magari mai aver letto il celebre di Hannah Arendt, basato sulla sua esperienza del processo ad Otto Adolf Eichmann in Israele. Nella pellicola troviamo protagonista l’esecutore materiale dei numerosi trasporti organizzati da Eichmann, il comandante per lungo tempo del campo di Auschwitz: Rudolf Höss. La scelta del regista che è quella di raccontare la vera storia della felice famiglia Höss con i suoi bimbi e moglie in una ridente villetta con giardino e piscina accanto al campo di sterminio.
Difficile descrivere a parole una pellicola che mette ordine sulla forza e la capacità del cinema di portare sullo schermo un argomento forse nell’ultimo tempo troppo trattato. La scelta di Glazer basandosi anche su film precedenti vincitori di premi (e questo inevitabilmente vincerà l’ambita statuetta chiamata Oscar) come Il figlio di Saul di László Nemes, che attraverso un continuo fuori campo aveva cercato di raccontare in una prospettiva differente lo sterminio operato dai nazisti. Anche qui la scelta è quella di mostrarci una prospettiva differente, basandosi in parte anche sull’omonimo libro, con la storia familiare del comandante e della sua famiglia che vivono anni felici accanto al campo di sterminio, mentre lui svolge in modo diligente il compito di eliminare una media di 2500 persone al giorno per poi raggiungere la fatidica quota in circa tre anni di 2.500.000 ebrei e non uccisi all’interno del solo campo di Auschwitz e l’attiguo Birkenau. La famigliola nel corso degli anni vive tranquillamente, i bimbi vanno a scuola, giocano nel giardino con il cane, mangiano bene, anzi benissimo e l’amorevole padre terminati i suoi molteplici compiti la sera dopo aver ben chiuso porte e finestre (non si sa mai) trova il tempo di leggere una fiaba ai suoi figli, per poi terminare la serata con piacevoli chiacchere con la moglie, la regina di Auschwitz la chiama lui, che spera quanto prima di tornare in Italia per andare in una Spa.
La zona d’interesse va ben oltre il significato le parole della citata Arendt, l’uso delle immagini e delle parole Arte Cinematografica danno veramente un senso a queste. All’interno della sala dove abbiamo visionato l’anteprima ricevendo anche un poster in omaggio (quasi a darci un senso di tranquillità) come ricordo, per poi ritrovarsi in una sala gremita in ogni ordine di posto al termine della pellicola con un finale che non possiamo svelare, semplicemente ammutoliti in un silenzio irreale. Non si può certo applaudire al termine della storia di chi ha sterminato tante vite e alla sua famiglia bene o male consapevole di quanto accadeva. Abbiamo volutamente scelto quasi in provocazione di aggiungere al titolo La vita è bella, riferito all’omonimo film di Roberto Benigni, film odiato dal grande Mel Brooks per il semplice fatto di avere banalizzato (secondo il grande regista) proprio la tragedia umana della Shoah. Questa pellicola rende decisamente giustizia, se tale termine vogliamo usare, alla Storia, il merito e i premi li lasciamo agli interpreti a Christian Friedel nei panni di Höss e Sandra Hüller in quelli della moglie diretti in modo magistrale da Glazer. Non era facile mostrare le porte dell’inferno senza mai varcarle, ma lasciando all’immaginazione dello spettatore, a rumori e musica disturbante di percepirli. Il risultato sarà che dopo questa pellicola guarderete in modo diverso la vostra zona d’interesse, composta dal vostro appartamento e dai vostri affetti, e forse comprenderete meglio i problemi del mondo o quelli più banali del vostro vicino.
Adattamento cinematografico del romanzo omonimo del 2014 scritto da Martin Amis, La zona d’interesse è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, dove ha vinto il Gran Premio della Giuria. Prodotto dalla A24, il film esce il 22 febbraio 2024, distribuito da I Wonder Pictures. Da vedere per non dimenticare.