I figli di Dio non sono in vendita. Uscita evento nelle sale cinematografiche italiane nei soli giorni 19 e 20 Febbraio 2024 anticipata da diverse anteprime speciali sparse nello stivale del globo, con Mel Gibson alla produzione esecutiva Sound of freedom – Il canto della libertà si basa su una storia vera per portare in scena l’agente federale Tim Ballard, destinato a confrontarsi con l’oscura realtà dei trafficanti di bambini.
Il Tim Ballard intensamente incarnato dal Jim Caviezel che, a proposito del citato divo della saga Arma letale, fu proprio per lui Gesù nel chiacchieratissimo La passione di Cristo, qui determinato a spingersi fin nei meandri della giungla colombiana quando, salvato il piccolo Miguel alias Lucás Ávila dalla disgustosa rete dei pedofili, decide addirittura di andare contro il proprio lavoro e di mettere a rischio la sua vita per recuperarne la sorellina Rocío, ovvero e Cristal Aparicio.
Ponendosi al centro di oltre due ore e dieci di visione il cui plot lascerebbe immaginare l’ennesimo derivato di serrati action movie del calibro di Commando di Mark L. Lester o Io vi troverò di Pierre Morel e che il regista messicano Alejandro Monteverde, invece, concretizza in un film di indagini dalla struttura narrativa tutt’altro che lineare atto a coinvolgere lentamente lo spettatore senza mai lasciarlo cadere in distrazioni.
Un film di indagini che, con la vincitrice del premio Oscar Mira Sorvino nel piccolo ruolo di Katherine Ballard, moglie del protagonista, prende avvio dalla situazione decisamente inquietante che vede il padre dei due bambini ritrovarsene d’improvviso privato, per poi dare appunto inizio al nient’affatto facile percorso affrontato da Tim per conseguire il proprio obiettivo di giustizia.
Un percorso immerso in una cupezza generale ulteriormente rafforzata dalla fotografia di Gorka Gómez Andreu, il quale difficilmente lascia splendere il sole nel cielo, e che la mai banale sceneggiatura a firma del regista stesso insieme a Rod Barr delinea attraverso procedure e alleanze improbabili che contribuiscono a trascinare dalle parti del thriller una vicenda in verità lontana dall’intrattenimento all’insegna dell’inverosimile spettacolarizzazione da schermo e trasudante, al contrario, realismo da ogni fotogramma (con tanto di evidenti riferimenti al caso riguardante Jeffrey Epstein).
Complice oltretutto la profonda umanità (e anche disumanità) emergente da personaggi autentici fortunatamente lontani dall’essere “tagliati con l’accetta”; a cominciare dall’ex trafficante di droga Vampiro che, convinto del fatto che “Quando Dio dice cosa fare non devi esitare”, reso da un ottimo Bill Camp si rivela uno dei più interessanti di Sound of freedom – Il canto della libertà.
Un’operazione che, grazie alla magistrale regia di Monteverde, manifestante a tratti perfino un vago retrogusto horror pur evitando di scadere nell’immagine esplicita per lasciare spesso alle parole il compito di far male al cuore, tiene incollati alla poltrona dall’inizio alla fine risultando altamente coraggiosa e, di conseguenza, tra le migliori sfornate dalla Settima arte in un XXI secolo stritolato dalla fastidiosa morsa ipocrita del politically correct.