Come da tradizione lanciata nel 2000 James Wong attraverso il Final destination divenuto istantaneamente un cult movie (se non un classico) della celluloide dell’orrore, è un incidente altamente spettacolare a caratterizzare l’incipit di Final destination – Bloodlines, sesto capitolo del franchise che, nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 15 Maggio 2025, assume, a suo modo, i connotati di un reboot.
Dunque, procedendo in ordine, se nel capostipite ad aprire le danze fu un guasto in aeroplano, nei quattro sequel si passò da un autentico massacro in autostrada – tra tronchi d’albero pericolosamente in agguato e lamiere contorte – ad uno sulle montagne russe, per poi approdare ad una carneficina durante una gara automobilistica e al crollo di un ponte.
Questi ultimi due girati in tre dimensioni; a differenza del nuovo tassello, il cui incipit ci porta all’interno della sciagurata inaugurazione del ristorante in cima ad una moderna torre, dove una giovane coppia si ritrova in mezzo al mucchio di festaioli scatenati sulle note di una rilettura della “Shout” degli Isley brothers… tutti ovviamente destinati ad andare incontro alla morte in quella che si rivela, poi, una visione premonitrice.
Ma, mentre nei primi cinque film l’evoluzione narrativa prevedeva la progressiva eliminazione dei sopravvissuti alla strage iniziale, Final destination – Bloodlines prende un’altra direzione, tirando in ballo l’incubo ricorrente riguardante la nonna della nuova protagonista Stefani alias Kaitlyn Santa Juana la quale, tornata a casa dal college, scopre pian piano essere i suoi familiari ad avere alle spalle la invisibile Signora dalla falce pronta a colpirli.
Quindi, una volta introdotta questa nuova linea di sangue atta a seguire l’albero genealogico, i due registi Zach Lipovsky e Adam B. Stern – autori, tra l’altro, del thriller fantascientifico Freaks – si sbizzarriscono al fine di concretizzare la consueta struttura da slasher a base di fantasiose uccisioni.
Sequenze che vedono ovviamente in agguato pericolosi oggetti o mezzi, da una falciatrice da giardino ad un camion della nettezza urbana; fino al momento che, ambientato in una stanza d’ospedale riservata alla risonanza magnetica, non può fare a meno di risultare uno dei migliori e maggiormente geniali dell’intera esalogia.
Al servizio di un veloce e godibilissimo spettacolo che, forte anche di una colonna sonora di vecchie hit spazianti da Bad moon rising dei Creedence Clearwater Revival a Spirit in the sky di Norman Greenbaum, passando per una rivisitazione della Without you di Harry Nilsson, coinvolge e non lascia affatto delusi i fan (e non solo), riconfermando la capacità di un Final destination di inanellare situazioni talmente assurde da riuscire a regalare, al contempo, raccapriccio e divertimento intriso d’ironia (e qui ve ne è più del solito).