Tratto dalla pièce teatrale Body of work di Kate Gersten e in arrivo nelle sale cinematografiche italiane il 3 Aprile 2025, The last showgirl ha già fatto parlare molto di sé grazie alle nomination ai Golden Globe ottenute per la canzone originale di Miley Cyrus Beautiful that way e per la miglior attrice in un film drammatico: una riscoperta Pamela Anderson.
Perché, in un ruolo che sfiora in un certo senso l’autobiografia, la ex sexy icona in costume rosso del popolare telefilm Baywatch veste nella quasi ora e mezza di visione i panni di Shelly, showgirl di Las Vegas che, quando il suo storico spettacolo chiude bruscamente, dopo trent’anni di attività si trova a dover ripensare al proprio futuro e ad affrontare le scelte del passato.
Una oltre ora e mezza di visione che, con Dave Bautista nella parte dell’umile direttore di scena Eddie e la vincitrice del premio Oscar Jamie Lee Curtis in quella di Annette, migliore amica della protagonista, individua senza alcun dubbio uno dei suoi maggiori punti di forza nelle prove sfoggiate dal buon cast.
Tanto più che, pur privilegiando abbondanza di macchina da presa in continuo movimento, al timone di regia Gia Coppola – nipote del caro vecchio Francis autore della trilogia Il padrino – confeziona il tutto attraverso un taglio spiccatamente teatrale.
Taglio conferito anche dalla scelta di mettere in piedi un lungometraggio non poco dialogato che si gioca i suoi momenti migliori nella sequenza dell’audizione e in quella in cui viene tirata in ballo la sempreverde Total eclipse of the heart di Bonnie Tyler.
Per il resto, mentre starwarsiana Billie Lourd incarna Hannah, figlia di Shelly da sempre trascurata dalla madre che ha preferito dedicarsi all’inseguimento dei propri sogni attraverso il lavoro di cui sopra a Las Vegas, l’impressione è che The last showgirl non sia altro che l’ennesimo guardabile racconto in fotogrammi mirato a snocciolare la morale su un universo professionale che sfrutta l’immagine di chi ne fa parte (non solo quella femminile, qui posta al centro) finché è giovane e desiderabile.
Una morale piuttosto banale, dunque, per ribadire la quale sarebbe stato probabilmente sufficiente un cortometraggio.