Con un’apertura nel 1994, è dal libro Non dite a mamma che faccio la segretaria scritto dalla giornalista Debora Attanasio che prende le mosse Diva Futura, secondo lungometraggio – dopo il Settembre che le ha fatto guadagnare il David di Donatello come regista esordiente – diretto dalla Giulia Louise Steigerwalt che avevamo conosciuto a fine millennio scorso in qualità di co-protagonista del mucciniano Come te nessuno mai.
Del resto, incarnata da Barbara Ronchi, è proprio la figura di una giovane Attanasio a condurci nel controverso universo della pornografia tricolore, in cui ricoprì il ruolo di segretaria di uno dei principali artefici: il Riccardo Schicchi prematuramente scomparso nel 2012.
Il Riccardo Schicchi cui, all’interno di un cast in generale funzionante, concede anima e corpo un Pietro Castellitto perfettamente calato nella parte; man mano che apprendiamo essere stato sia vittima di bullismo a scuola che consumatore di riviste sexy già a soli dodici anni.
Il Riccardo Schicchi che, convinto del fatto che alla fine, ovunque, vincono sempre gli istinti peggiori e che gli uomini impazziscono per le donne disinibite purché non siano le mogli e le madri, insieme alla compagna Ilona Staller meglio nota con lo pseudonimo Cicciolina fonda negli anni Ottanta l’agenzia di casting e produzione suggerita dal titolo del film.
La Ilona Staller in possesso dei connotati di Lidija Kordić, nel corso di due ore di visione caratterizzate da una struttura narrativa tutt’altro che classica che, alternando pubblico e privato
del protagonista attraverso due piani temporali, si divide in capitoli riportanti proprio i nomi delle star del sesso esplicito di quel periodo in cui, complice in maniera fondamentale il boom delle videocassette, l’hard in fotogrammi entrò nelle case degli italiani.
Star spazianti da Moana Pozzi a Eva Henger, qui rispettivamente dai connotati di Denise Capezza e Tesa Litvan: la seconda poi divenuta moglie di Schicchi stesso, la prima di cui assistiamo velocemente al passaggio dai provini presso produttori di cinema istituzionale, coi quali finiva sempre a letto, a, appunto il mondo delle luci rosse, dove invece, paradossalmente, non è mai stata molestata.
La Moana Pozzi di cui vengono anche ricordati la candidatura a sindaco di Roma e l’abbandono dei set “espliciti” per tentare quelli canonici con il flop Amami di Bruno Colella; mentre la citata Henger non esita a definire Schicchi – oltretutto propenso a circondarsi di animali, dai gatti ai conigli, ai pitoni – l’uomo più gentile che ha incontrato.
Un romantico, a detta sua, che la Steigerwalt, tra locali di striptease, più o meno squallidi individui legati all’industria del porno e ricostruzioni di ospitate televisive presso popolari personaggi quali Pippo Baudo, Enzo Biagi e Roberto D’Agostino, ci fa comprendere si considerava amorale ma mai immorale.
Pioniere di un’epoca lontana da quella di internet, che ha concesso a qualunque dilettante di cimentarsi in filmini hardcore, e la cui storia viene portata sullo schermo fino alla malattia, ma senza dimenticare spruzzate d’ironia (si pensi all’esilarante incontro con Massimiliano, successivo marito della Henger).
Il tutto, evitando in maniera sapiente di giudicare e lasciando l’opinione sul discutibile argomento trattato allo spettatore, che Diva Futura – nelle sale cinematografiche a partire dal 6 Febbraio 2025 – appassiona e coinvolge efficacemente per merito anche del serrato montaggio a cura di Gianni Vezzosi e di una ricca colonna sonora comprendente, nel mucchio, Words (Don’t come easy) di F.R. David e Live is life degi Opus.