A sette anni da Alien: Covenant di Ridley Scott, Alien: Romulus – nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 14 Agosto 2024 – aggiunge un ulteriore tassello alla saga incentrata sul sanguinario xenomorfo ideato dall’artista svizzero H.R. Giger… ma non va a proseguire quanto inscenato in quel capitolo che, insieme al precedente Prometheus, aveva provveduto a fornire un antefatto all’Alien del 1979.
È infatti tra il capostipite diretto come la coppia dei due citati prequel dallo stesso Scott – qui figurante soltanto in qualità di produttore – e il sequel Aliens – Scontro finale firmato nel 1986 da James Cameron che va a collocarsi la vicenda del gruppo di giovani colonizzatori dello spazio che, rovistando nelle profondità di una stazione abbandonata, si trova faccia a faccia, come c’è da aspettarsi, con la forma di vita più terrificante dell’universo.
Tutti personaggi destinati a conferire ad Alien: Romulus il sapore di una rilettura young adult di quello che era stato fino ad oggi un franchise fantascientifico che aveva fatto del machismo di taglio militaresco uno dei propri ingredienti principali, tanto da introdurre attraverso la figura del tenente Ellen Ripley alias Sigourney Weaver una delle eroine più famose della Settima arte.
Tenente di cui non vi è traccia in queste due ore circa di visione che vedono dietro alla macchina da presa il Fede Alvarez occupatosi, tra gli altri, del remake datato 2013 de La casa e di Man in the dark.
Il Fede Alvarez che cerca di privilegiare il movimento per far sì che lo spettatore venga coinvolto senza sprofondare nella noia, non riuscendo però a camuffare la quasi totale assenza di originalità che penalizza l’operazione.
Perché, sebbene agli occhi dei profani e del pubblico dei ragazzi del terzo millennio Alien: Romulus può di sicuro apparire in qualità di efficace spettacolo horror d’intrattenimento a stelle e strisce ad alto costo oltretutto attraversato da una buona tensione nella sua parte conclusiva, a quelli di coloro che sono a conoscenza dell’intera serie non assume altro che i connotati di una minestra riscaldata in fotogrammi che attinge senza troppa fantasia sia dai sopra menzionati primi due film che dal quarto: Alien – La clonazione di Jean-Pierre Jeunet.
Di conseguenza, il risultato, con immancabile dose di splatter e un’ultimissima fase probabilmente influenzata dai mondi infernali di Clive Barker, è un piuttosto prevedibile esercizio di stile chiaramente volto a far nascere una nuova protagonista… ma capace solo di suggerire ancora una volta quanto innovativo fosse il cinema degli anni Settanta e Ottanta e quanto piatto e sempre più povero di idee sia quello odierno.