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Inside Out 2, l’ansia di crescere

Inside Out 2 è il nuovo film Disney e Pixar diretto dal regista Kelsey Mann, prodotto da Mark Nielsen con le voci di Pilar Fogliati (Ansia), Deva Cassel (Ennui), Marta Filippi (Invidia), Federico Cesari (Imbarazzo), Sara Ciocca (Riley) e Stash (Lance Slashblade), dal 19 giugno nelle sale italiane.
Travolgente e frenetico. Sono questi i termini che probabilmente descrivono al meglio Inside Out 2, con le partite di hockey, la tempesta emotiva che va a travolgere una Riley ormai teenager, l’iperattività dell’ansia e il viaggio di recupero di una personalità che rischia di svanire nell’oblio.
All’inizio il film sembra pronto a far saltare lo schema conclamato nel precedente film, ossia limitare dall’inizio alla fine il numero delle emozioni a cinque in tutto (Disgusto, Gioia, Paura, Rabbia e Tristezza, elencate in ordine alfabetico per non fare torto a nessuna). Anche dopo la trasformazione del pannello di controllo in un modello più complesso è sempre a loro che restava affidata la manifestazione di ogni stato d’animo di Riley – la bambina che sarebbe la protagonista della storia se Gioia non le rubasse di continuo il palcoscenico – l’unico cambiamento è che stavolta avviene attraverso le più svariate combinazioni possibili e le loro infinite sfumature. Sempre cinque erano peraltro le emozioni presenti nella mente del padre e della madre, come a ribadire che sono loro, sempre e comunque, alla base di ogni stato mentale.
Ad avviare il cambiamento, in questo secondo capitolo irrompe improvvisa la pubertà, che si scatena in piena notte e modifica il pannello di controllo rendendolo più sensibile e pronto a scatenare risposte eccessive al minimo tocco. Come se non bastasse una squadra di demolizione ristruttura l’intero ambiente in vista dell’arrivo di altre quattro emozioni: Ansia, Ennui (Noia, per i non francofoni), Invidia e Imbarazzo. Per la verità, Ennui presenta delle sfaccettature che fanno pensare all’apatia, ma di buono ha che sa come trarsi d’impaccio all’istante. Invidia, inoltre, non ha nulla di negativo, anzi è davvero adorabile, per quel suo atteggiamento più simile all’ammirazione.
Messa da parte la novità, però, la trama si immette all’istante su binari già noti. Tra l’altro Riley si ritrova, ancora una volta, guidata da un’unica emozione e questo, come si sa, non potrà che portare al disastro. Tornano anche, per quanto leggermente modificati, alcuni dei luoghi più spettacolari, come gli scaffali della memoria a lungo termine o le isole della personalità. Un luogo del tutto nuovo comunque c’è, appare lungo l’intero lungometraggio e ricopre un ruolo fondamentale.
Il messaggio ricalca quello già presentato nel primo capitolo: ogni singola emozione è assolutamente necessaria per saper affrontare ogni situazione. Ansia è infatti indispensabile per imparare a pianificare, un concetto del tutto astratto per ogni bambino che deve però essere acquisito da ogni adolescente. Raggiunge però uno stato più evoluto. A questo si aggiunge infatti il concetto che per formare una personalità completa sono necessarie tutte le esperienze, anche quelle negative che si vorrebbero relegare in un angolino irraggiungibile. Persino le passioni di un tempo, ora ritenute vergognose e da nascondere a tutti, prima di tutto a sé stessi, possono portare a soluzioni inaspettate.
Nessuno è sbagliato e nessuno stato d’animo è da sopprimere, l’importante è imparare a gestire da sé le emozioni a seconda della situazione, proprio come avviene nel finale per Riley. È questo che ci farà accettare dagli altri, è questo che ci farà sentire accettati, a farci amare noi stessi. È questa la lezione da imparare.

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