Il 1994 fu un anno cruciale in due diverse maniere per la Settima arte tricolore: da un lato nasceva Nocturno cinema, la più nota rivista dello stivale del globo dedicata alla celluloide di genere, dall’altro l’horror e il fantastico italiano in fotogrammi morivano dopo l’uscita in sala di Dellamorte Dellamore.
Il Dellamorte Dellamore diretto dal Michele Soavi rientrante proprio tra coloro che rimembrano ne Il tempo del sogno – Dream time il magico periodo in cui, a cominciare dall’enorme successo riscosso nel 1985 da Dèmoni di Lamberto Bava, la produzione dell’orrore da schermo sfornata nel paese di Alberto Sordi fu al centro di un’epoca particolarmente florida.
Cosa è, però, Il tempo del sogno – Dream time? Nientemeno che un documentario di Claudio Lattanzi – autore dello zombie movie Klling birds – Raptors e del post-apocalittico Everybloody’s End – che, scritto dallo stesso insieme al Davide Pulici artefice con Manlio Gomarasca della sopra menzionata Nocturno cinema, provvede a ripercorrere in maniera a suo modo nostalgica quell’era rimasta indimenticata ma che sembra purtroppo essere irripetibile.
Ed è proprio Pulici a fare da Caronte nelle due ore di visione che vedono progressivamente interpellati direttamente coloro che furono i protagonisti di quei sanguinosi anni Ottanta trasudanti idee e coraggio di osare, dal già citato Bava allo scenografo Massimo Antonello Geleng, il quale parla, non a caso, di Dellamorte Dellamore.
Sebbene una seconda scuola di pensiero asserisca che la fine dell’horror cinematografico italiano sia stata segnata nel 1997 da MDC – Maschera di cera, di cui il regista Sergio Stivaletti, ovvero il più noto mago degli effetti speciali di casa nostra, ricorda invece si pensasse allora il lungometraggio ne stesse segnando la rinascita.
MDC – Maschera di cera che doveva inizialmente essere diretto dal poeta dello splatter Lucio Fulci se non fosse venuto prematuramente a mancare nel Marzo del 1996 e a proposito del quale forniscono aneddoti il musicista Fabio Frizzi, la Marina Loi presente nel cast del suo Zombi 3, la Silvia Collatina che fu la bambina del suo Quella villa accanto al cimitero e l’Antonio Tentori che, sceneggiatore per lui di Demonia e del “taglia e cuci” Un gatto nel cervello, coglie anche l’occasione per ricordare il mitico Aristide Massaccesi meglio noto con lo pseudonimo Joe D’Amato.
L’Aristide Massaccesi proprietario della factory che incluse tra i suoi registi proprio Lattanzi, anch’egli brevemente presente ne Il tempo del sogno – Dream time, durante il cui svolgimento non mancano di prendere la parola neppure Luigi Cozzi, impegnato in particolar modo a ripercorrere le difficoltà che penalizzarono il suo De profundis anche conosciuto come Black cat, e Fiore Argento, figlia del grande Mr Profondo rosso Dario.
D’altra parte, non è certo quest’ultimo – le cui attività si divisero allora tra quella di autore e quella di produttore – ad essere assente in qualità di oggetto di conversazione, in mezzo ad un intervento del Franco Ferrini che ha scritto per lui non pochi film e uno del musicista Claudio Simonetti che fa luce anche su alcuni temi perduti composti per Suspiria.
Mentre l’attrice Barbara Cupisti racconta di un fatto strano riguardante una foto che la ritraeva crocifissa ai tempi de La chiesa e viene anche spiegato come il titolo in questione rappresentò l’evoluzione di quello che era inizialmente nato per esssere Dèmoni 3.
Ma, man mano che nel cuore dell’appassionato si fondono al contempo la bellezza della rievocazione e la rabbia per quella che sembra essere l’impossibile ripetizione di una produzione sostituita nel tempo da rassicuranti opere tutte uguali a se stesse e dovute per lo più allo sfruttamento di finanziamenti pubblici e quasi sempre anonime storielle indirizzate a spettatori proto-televisivi, è molto altro il materiale che costituisce Il tempo del sogno – Dream time, disponibile su supporto blu-ray grazie a Rustblade.
Con trailer, galleria fotografica, circa tredici minuti di intervista a Pulici e undici di approfondimento a cura dello youtuber Federico Frusciante.
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