Reduce dal riuscito horror cannibalistico Bones and all, del 2022, Luca Guadagnino torna ad occuparsi di una produzione internazionale con Challengers, nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 24 Aprile 2024.
Un triangolo amoroso in salsa sportiva che guarda in maniera evidente a Bernardo Bertolucci (in particolar modo al suo The dreamers – I sognatori) nel tirare in ballo Zendaya – anche produttrice del film – nei panni dell’ex prodigio del tennis Tashi Duncan, sposata con il fuoriclasse reduce da una serie di sconfitte Art Donaldson alias Mike Faist, il quale si trova a dover affrontare sul campo l’ormai rovinato Patrick Zweig interpretato da Josh O’Connor, un tempo suo migliore amico e vecchio fidanzato della donna.
Un’occasione che quest’ultima intende sfruttare per la redenzione del marito… man mano che, con un’apertura ambientata il 4 Agosto 2019, passato e presente vengono continuamente alternati al fine di lasciar emergere i retroscena della vicenda.
Uno stratagemma narrativo che tende più volte a confondere lo spettatore; mentre viene osservato che il tennis è una relazione e che i tre bravi protagonisti ce la mettono tutta nel sostenere un’operazione che non può fare a meno di lasciar emergere pruriti (omo)sessuali (o fluidi?) nello sguazzare in mezzo a racconti di masturbazioni adolescenziali, baci tra maschietti, sederini e membri in bella vista all’interno di uno spogliatoio… e la menzionata Zendaya che, invece, inspiegabilmente si accoppia sul letto rimanendo piuttosto coperta e addirittura con mutande indosso.
Sorvolando, dunque, su questo discutibile aspetto che testimonia comunque la presenza dell’autore di Chiamami col tuo nome dietro alla macchina da presa, Challengers appare scandito dal serrato montaggio di Marco Costa e offre il meglio proprio nelle sequenze delle partite, tecnicamente confezionate a dovere e con le palle da tennis furiosamente scaraventate verso una macchina da presa spesso in movimento.
Ma Guadagnino abusa sia per quanto riguarda una martellante colonna sonora decisamente invadente che in fatto di “sudatissimi” ralenti, concretizzando con Challengers l’ennesimo titolo per borghesi annoiati costruito su un’esile storiella che cerca di camuffarsi dietro al virtuosismo da schermo. Non riuscendo oltretutto ad evitare di risultare tirata un po’ troppo per le lunghe (siamo sulle due ore e dieci circa di durata).