Prima che ci si sposti nella New York del 2003, è nell’Amazzonia peruviana del 1973 che apre Madame Web, nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 14 Febbraio 2024 e attraverso cui viene portato sul grande schermo il personaggio dei fumetti Marvel che fece il proprio esordio nel numero 210 di The Amazing Spider-man (vol. 1).
Personaggio che nelle quasi due ore di visione troviamo in un altro universo costretto a confrontarsi con alcune rivelazioni appartenenti al proprio passato, legandosi all’evidente insegna del girl power a tre giovani donne destinate ad un futuro straordinario ma che dovranno sopravvivere ad un presente pieno di minacce: Julia Cornwall, Anya Corazon e Mattie Franklin, ovvero Sydney Sweeney, Isabela Merced e Celeste O’Connor.
Universo in cui, mentre alla radio ascoltiamo i 4 Non Blondes e Britney Spears, troviamo anche Emma Roberts e Adam Scott rispettivamente nei panni di Mary e Ben Parker, mamma e zio dell’Uomo Ragno, il primo qui collega di lavoro di Cassandra.
Man mano che a conferire al tutto un certo retrogusto horror provvede il villain della situazione: l’Ezekiel Sims interpretato da Tahar Rahim, ricco uomo d’affare che ha acquisito poteri simili a quelli in possesso dello spara-ragnatele più famoso delle strisce disegnate.
Un villain che, però, si rivela decisamente privo di carisma, come pure la protagonista stessa, entrambi coinvolti in una sceneggiatura che sembra girare continuamente a vuoto, soprattutto perché povera di situazioni in grado di risultare realmente interessanti.
A cominciare da quella decisamente mal sfruttata che si svolge a bordo della metropolitana e che lasciava presagire spettacolarità e divertimento.
Di conseguenza, complice con ogni probabilità il curriculum esclusivamente televisivo della regista S.J. Clarkson, la quale firma anche lo script insieme a Matt Sazama, Mark Sharpless e Claire Parker, Madame Web non può fare a meno di apparire decisamente fiacco, incapace di emozionare perfino nelle sequenze d’azione o atte a tirae in ballo l’immancabile effettistica digitale.
Guadagnandosi dunque, insieme al brutto Morbius di Daniel Espinosa, il titolo di uno dei meno riusciti cinecomic marveliani, non distante nel look generale da uno di quei b-movie supereroistici che negli anni Novanta finivano dalle nostre parti distribuiti direttamente in videocassetta.