Se nei cinematograficamente machissimi anni Ottanta Mario Monicelli proponeva Speriamo che sia femmina, in un XXI secolo in cui tante cose, rispetto ad allora, sembrano cambiate all’interno della società italiana (e non solo), lo specialista in cinepanettoni e fantozzate da grande schermo Neri Parenti sforna Volevo un figlio maschio, nelle sale a partire dal 5 Ottobre 2023.
Un titolo giustificato immediatamente dal fatto che il protagonista Enrico Brignano, marito di una Giulia Bevilacqua prossima al parto, essendo già padre di tre figlie femmine di diverse età con cui porta avanti rapporti non proprio facili comincia a desiderare, appunto, che quel quarto in arrivo appartenga all’altro sesso.
Desiderio che, affiancato da un misterioso anziano dai connotati di un Mariano Rigillo in aria di angelo Clarence de La vita è meravigliosa, esprime inavvertitamente durante uno strano fenomeno stellare in corso nel cielo notturno… ritrovandosi, di conseguenza, non solo il nuovo arrivato maschietto, ma anche le sue rampolle Samira Finotti, Giulia Tumbarello e Roberta Volponi mutate in Tommaso Guidi, Edoardo Giugliarelli e Massimo Quagliata.
Perché, giocando proprio sul cambio di punto di vista paterno dall’essere ansioso nei confronti di discendenti appartenenti al gentil sesso (con incluso un esilarante equivoco verbale riguardante un piercing) al diventare eccessivamente permissivo quando essi, invece, sono futuri uomini (tra grigliate esagerate e pessima condotta scolastica), Volevo un figlio maschio è una commedia spruzzata di fantasy che, con ogni probabilità, in un’altra epoca non avrebbe certo sorpreso se fosse stata proposta da Frank Capra.
Anche se, ovviamente, a differenza dell’autore di Angeli con la pistola, colui che esordì dietro la macchina da presa tramite John Travolto… da un insolito destino punta maggiormente al lato comico, con tanto di apparizioni spazianti da Pablo e Pedro in ambulanza ad un Lallo Circosta proto-Maurizio Mattioli sugli spalti di un campo di calcetto.
E, tra un Brignano mattatore che sembra anche strizzare l’occhio al suo maestro Gigi Proietti di Febbre da cavallo – La mandrakata nel momento in cui guarda segretamente la partita mentre assiste all’esibizione di violoncello e la gag dei “dieci euro a parolaccia” che potrebbe addirittura spingere i cinefili stracult a pensare essere derivata da un espediente analogo presente in Doppio misto di Sergio Martino, le occasioni per ridere non mancano davvero.
Quindi, se, complice l’abbondanza di situazioni ambientate in interni, Volevo un figlio maschio rischia di conferire in un primo momento l’effetto sitcom (tipico di quasi tutti i titoli leggeri italiani post-2000), con un ottimo cast comprendente anche Maurizio Casagrande e Ruben Rigillo si rivela presto un piacevolissimo e divertente prodotto per tutti che, difficilmente prevedibile nei diversi risvolti di sceneggiatura, non rientra affatto tra le meno riuscite prove di un Parenti una volta tanto lontano da picchi demenziali e slapstick comedy.
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