Inseguito nel 2014 dai cacciatori di taglie perché reo di aver rubato una preziosa sfera e alleatosi tre anni più tardi al bluastro nemico Yondu Udonta alias Michael Rooker, l’audace esploratore spaziale Peter Quill, anche conosciuto come Star-Lord e interpretato da Chris Pratt, torna in azione in Guardiani della Galassia – Volume 3, nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 3 Maggio 2023.
E, man mano che seguiamo questa combriccola di improbabili supereroi provenienti dai fumetti Marvel presa ad ambientarsi a Knowhere, è proprio il passato di quest’ultimo che viene progressivamente portato alla luce, in quanto è lui a trovarsi stavolta in serio pericolo nel corso delle circa due ore e mezza di visione.
Circa due ore e mezza di visione in cui, infatti, a fare da villain è l’Alto Evoluzionario incarnato da Chukwudi Iwuji, ossessionato dal concepimento della specie perfetta e che rientra tra i nuovi personaggi tirati in ballo, insieme all’umanoide Adam Warlock di Will Poulter, il quale effettua proprio tramite Guardiani della Galassia volume 3 il suo ingresso nel Marvel Cinematic Universe.
È dunque un evidente sottotesto animalista ad emergere da questa frenetica terza impresa di Star-Lord e compagni, che recupera oltretutto dal capitolo precedente lo Stakar Ogord di Sylvester Stallone, coinvolto come in quel caso soltanto in brevi apparizioni.
Senza contare un altro cameo per il papero Howard e quello immancabile del Lloyd Kaufman boss della trash factory Troma, dove Gunn iniziò la propria carriera nell’ambito della Settima arte.
Il Gunn che, quindi, non manca di lasciar avvertire il suo personale tocco sia attraverso creature assortite che non avrebbero certo sfigurato in una pellicola horror, con tanto di bambini dai capelli bianchi che sembrano quasi usciti dal fanta-classico anni Sessanta Il villaggio dei dannati, sia grazie alla consueta massiccia dose di ironia; ma, se già la formula si rivelava riproposta con non troppa fantasia nel secondo tassello della serie, nel caso di Guardiani della Galassia volume 3 il risultato non cambia più di tanto.
Anzi, tra una No sleep till Brooklyn dei Beastie boys posta a commento di una situazione di scontro e una Badlands di Bruce Springsteen relegata ai titoli di coda (durante e dopo i quali abbiamo come sempre qualche sorpresina), appare eccessivo anche l’utilizzo di vecchie hit… sebbene i fan irriducibili e i cinefili meno esigenti se la sghignazzino tranquillamente e arrivino addirittura a commuoversi, ammaliati dal tripudio di elaborati effetti visivi al servizio del fracasso imperante.
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