Prima che, sulle note della trascinante Davanti agli occhi miei dei New trolls, ci si sposti nella Napoli del 1976, è nel 1991 che apre Mixed by Erry, storia di colui che “voleva solo fare il dj”.
Un trio che, dopo iniziali atti truffaldini insieme al padre Pasquale, dal volto dell’Adriano Pantaleo che abbiamo conosciuto bambino in Io speriamo che me la cavo, vediamo mettere in piedi prima un piccolo negozio in cui smerciare le compilation su audiocassetta create da Enrico, poi travalicare con l’attività addirittura i confini nazionali, tanto da trasformare la piccola impresa locale in un impero.
Man mano che, in mezzo a E mò e mò di Peppino Di Capri e Sweet dreams (Are made of this) degli Eurythmics, si sguazza tra il 1985 e il 1987 in una storia di sopravvivenza e passione per le note che alterna a dovere situazioni drammatiche e occasioni mirate a regalare risate, nella tradizione di quella che fu la Grande Commedia all’italiana.
Perché, regista della riuscita trilogia Smetto quando voglio, dietro la macchina da presa il salernitano Sydney Sibilia gestisce la circa ora e cinquanta di visione tirando in ballo anche il contrabbando di sigarette e imprevisti con poco raccomandabili individui; mentre a Francesco Di Leva spetta il ruolo del capo della guardia di finanza Fortunato Ricciardi e a Fabrizio Gifuni quello di un fantomatico amministratore delegato milanese dal fantozziano nome di Arturo Maria Barambani.
Ricordando che la musica puoi copiarla, riprodurla, digitalizzarla, ma non fermarla… fino ad un’ultima sorpresa posta quasi al termine dei titoli di coda di Mixed by Erry, senza alcun dubbio uno dei migliori lungometraggi sfornati dal Bel Paese in questi anni Venti del XXI secolo.
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