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The Slaughter – La mattanza: sesso, droga e… slasher movie!

Le immagini che aprono The Slaughter – La mattanza sono quelle dello Snuff killer – La morte in diretta firmato nel 2003 dal compianto artigiano dell’exploitation tricolore Bruno Mattei… ma tranquilli, non avete sbagliato film. In quanto, se da un lato durante lo svolgimento della neppure ora e venti di visione, a proposito del buon Mattei, vengono anche citati verbalmente i suoi L’isola dei morti viventi e Zombi: La creazione, dall’altro non mancano di fare la loro apparizione locandine di classici e stracult nostrani quali Non aprite quella porta 3 di Claudio Fragasso, Zombi 2 di Lucio Fulci e Antropophagus di Joe D’Amato alias Aristide Massaccesi.
Del resto, abbiamo proprio il Dario Germani che ha diretto il tardo sequel Antropophagus II dietro la macchina da presa di quest’operazione costruita su un plot tipico dello slasher movie, ovvero il filone che, con le saghe di Halloween e Venerdì 13 quali principali esempi, si costituisce di titoli basati su fantasiosi omicidi ai danni di un gruppo di persone in un luogo più o meno chiuso.
Gruppo di persone qui rappresentato dai giovani Tonia De Micco, Samuel Kay, Nadia Rahman, Janice Quinol, Roberto Luigi Mauri, Jason Prempeh e Tashi Higgins, decisi a trascorrere una notte di sesso e droga all’interno di un grande stabilimento di sviluppo e stampa destinato a trasformarsi in tomba per molti di essi. Perché prima s’imbattono in un filmato – dagli echi del kubrickiano Arancia meccanica e di Funny games di Michael Haneke – in cui un tizio mascherato massacra alcune persone, poi diventano le prede di un misterioso individuo abbigliato allo stesso modo.
E, tra dominanti verdastre garantite dalla bella fotografia a cura dello stesso Germani e una claustrofobica, funzionale ambientazione, ad incrementare ulteriormente la dose di omaggi cinefili provvede proprio la maschera “bambolesca” indossata dall’assassino, richiamante allo stesso tempo quelle viste in Comunione con delitti di Alfred Sole, Valentine – Appuntamento con la morte di Jamie Blanks e 4 mosche di velluto grigio di Dario Argento.
Man mano che, su sceneggiatura dell’Antonio Tentori cui si devono gli script di Rabbia furiosa – Er canaro di Sergio Stivaletti e Un gatto nel cervello del citato Fulci, la struttura dell’insieme si rivela analoga a quella che ha caratterizzato il sopra menzionato Antropophagus II. Quindi, in maniera molto semplice abbiamo una prima parte di attesa, dedicata alla presentazione dei diversi personaggi, e una seconda incentrata sulle diverse uccisioni, tra coltellate e, ovviamente, acido fotografico pronto al corrosivo utilizzo. Ma, in questo caso, a differenza del lungometraggio precedente non si esagera in sensazionalismo splatter e, giustamente, si ricorre ad una maniera equilibrata di inscenare la violenza che, graficamente esplicita senza sfociare nel torture porn, rispecchia non poco quella degli horror a stelle e strisce risalenti agli anni Ottanta.
Un decennio in un certo senso ricordato anche nella spiegazione finale di The Slaughter – La mattanza, che, forte oltretutto di apprezzabili attori più o meno esordienti e di un look decisamente internazionale, non lascia deluso l’appassionato del body count in fotogrammi. In particolar modo il nostalgico dell’epoca di Jason Voorhees e del periodo in cui la paura da schermo made in Italy poteva tranquillamente far concorrenza a quella d’oltreoceano.

 

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