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“I cassamortari”: una famiglia in… nero!

In arrivo su Prime Video il 24 Marzo 2022, I cassamortari rappresenta la terza prova registica per Claudio Amendola, dopo la commedia La mossa del pinguino, datata 2013, e il drammatico Il permesso – 48 ore fuori, di quattro anni dopo.
A differenza dei primi due lungometraggi, di cui è stato anche interprete, stavolta l’attore romano si limita però esclusivamente a dirigere la quasi ora e quaranta di visione che apre nel passato, con un Edoardo Leo proprietario dell’agenzia di pompe funebri della famiglia Pasti, caratterizzata dal motto “Tutti devono mori’, ma solo in pochi ce guadagnano”. Un moralmente discutibilissimo individuo disposto a tutto pur di trasformare una salma in un cospicuo introito e che, grandissimo sostenitore dei pagamenti in nero, fa però ritrovare nei guai, un giorno, i figli che hanno ereditato l’azienda. Ovvero un Massimo Ghini che dal padre ha ripreso la patologica avarizia, una Lucia Ocone dedita a portarsi a letto ogni vedovo che incontra, un Alessandro Sperduti che, intento a diventare influencer, contribuisce agli affari ricorrendo ad un tanto irriverente quanto cattivo gusto nella gestione della comunicazione social, e, infine, un Gian Marco Tognazzi truccatore di cadaveri propenso ad esprimersi a gesti e convinto che i vivi siano persone orrende.
Aspetto bizzarro, quest’ultimo, all’interno di uno script che, a firma di Kissy Dugan e Francesca Neri, tira in ballo anche Giuliana Lojodice nei panni della madre dei quattro; a completamento di un cast di volti in forma comprendente anche Antonello Fassari, Massimo Dapporto e una Sonia Bergamasco impegnata a fare da manager ad un famoso cantante cui concede in maniera esilarante anima e corpo Piero Pelù. Cantante tossico ma grottescamente coinvolto proprio in una campagna di sensibilizzazione contro le droghe e che, con la sua improvvisa e inaspettata dipartita, si rivela per i Pasti un’ancora di salvezza; in quanto la citata manager decide di rivolgersi a loro per organizzarne il funerale.
Ma, man mano che viene ribadito che non bisognerebbe mai oltrepassare il modo di essere misurati nel fare le cose, I cassamortari non fatica nel rivelarsi il meno riuscito dei tre film diretti da Amendola; che, tra l’altro, omaggia chiaramente il vanziniano Vacanze di Natale (pellicola che lo lanciò sulla strada per il successo) nella battuta sui fusilli sfoderata dalla sopra menzionata Lojodice.

Massimo Ghini in una scena del film

Perché, se La mossa del pinguino divertiva a sufficienza e gradevolmente nell’affrontare la tematica del precariato tricolore d’inizio terzo millennio e Il permesso – 48 ore fuori era un non disprezzabile spaccato sociale in salsa noir sulla scia dei vari “romanzi criminali”, qui si parte da un soggetto a base di cinismo che sarebbe probabilmente piaciuto a Mario Monicelli, ma che Lascia individuare la sua migliore trovata nel gioco autoironico conclusivo.  
Per il resto, l’evoluzione narrativa appare decisamente fiacca e, tra un Gabriele Arcangelo (il personaggio di Pelù) il cui nome riporta immediatamente al Gabriele Arcangeli di Cornetti alla crema di Sergio Martino e la gag del tizio che piange con foto alla mano palesemente ripresa dal demenziale Palle in canna di Gene Quintano, le occasioni destinate a strappare risate sono molto rare.

 

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