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Respect: il biopic su Aretha Frankli, al cinema dal 30 settembre

Respect, ovvero la storia della vita di un’icona: a. Interpretata da Jennifer Hudson, scelta dalla stessa Aretha come  l’attrice più adatta a portarla sullo schermo, in questo classico biopic diretto da Liesl Tommy, troviamo nell’ottimo cast  Forest Whitaker nei panni del padre di Aretha un pastore della chiesa battista di Detroit, ed intimo amico di Martin Luther King,  a cui poi si aggiungono Marlon Wayans nel ruolo dell’ingombrante marito Ted White, Mary J.Blige in quella di Dinah Washington e tanti altri per costruire la storia della regina del Soul.
Forse il problema più grande per la Hudson, presente anche in veste di produttrice esecutiva, è stato quello di cercare di rendere omaggio e onore ad una cantante che è andata ben oltre, grazie al suo impegno nei diritti civili e al tempo stesso ha combattuto i suoi demoni (l’alcol principalmente) per arrivare a diventare un qualcosa, che grazie alla sua voce, partendo dai Gospel è arrivata coprire tutta la estensione di Blues e Soul. Compito arduo e in parte riuscito a metà, perché nelle abbondanti due ore di pellicola che partono dall’infanzia di Aretha si è scelto di coprire gran parte della complicata vita della cantante fino al trionfo e rinascita di Amazing Grace, l’album Gospel che la pellicola ci racconta salverà l’anima di Aretha dai suoi demoni. Ad oggi Amazing Grace è l’album Gospel più venduto nella storia, ma resta il fatto che il compito di tracciare una vita così complicata non è facile e lascia volutamente da parte alcuni momenti storici. Se da una parte ci viene raccontata in dettaglio il difficile rapporto con il marito maniaco del controllo come Ted White, pronto ad alzare le mani, l’ingombrante padre, viene solo accennata la realtà dei problemi razziali e lo stesso omicidio di Martin Luther King resta come da sfondo nella storia. La regista e la Hudson cercano in realtà a modo di loro di trovare l’anima di Aretha. Ci riescono, ma solo in parte, solo verso la fine della pellicola quando trascinati da Amazing Grace e poi dalle vere immagini dell’artista lo spettatore ricuce tutta la storia che forse fino a quel momento l’avevo coinvolto solo come mero fruitore di una biografia e riesce, anche se in ritardo, a dare quella scintilla che lo farà rendere conto di non aver visto solo la storia di una famosa cantante, ma la storia di una icona che ancora oggi ritroviamo nelle canzoni di tante pubblicità (non ultima una di una nota di marca di telefonia) che accompagna le nostre giornate. Quando risuonano i motivi di Think, resa immortale nei Blues Brothers, o Natural Woman fino ad Amazing Grace, e tante altre infinite le canzoni, ci fanno comprendere l’ormai raggiunta immortalità di Aretha Franklin e la pellicola è solo un piccolo tassello che si aggiunge, destinato soprattutto al pubblico più giovane che avrà il piacere di scoprire l’artista e dargli il giusto Respect, come recita il titolo, nell’olimpo non solo della musica, ma in quello della storia per il suo innegabile contributo.

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