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Alla scoperta dell’uva Pizzutello di Tivoli

Si chiama Pizzutello ma a Tivoli, dove ha trovato il clima e il terreno ideale per crescere, i più anziani la chiamano soltanto “uva corna”. Il motivo? Semplice: la forma dei suoi acini, allungati e leggermente ricurvi, che la rendono inconfondibile. Quest’uva da tavola, dalla buccia sottilissima e croccante di colore verde pallido e dalla polpa dolce e succosa, nel Tiburtino è una vera e propria istituzione. Così importante da essere stata offerta in dono a due diversi pontefici, Leone XIII e Pio X, nel corso degli ultimi tre secoli. Ma le tracce della storia del Pizzutello, appena divenuto Presidio Slow Food, ci riportano indietro nel tempo
fino a un’epoca storica ancora più lontana.
È addirittura nelle pagine della “Naturalis Historia” dello scrittore latino Plinio il Vecchio, vissuto nel primo secolo dopo Cristo, che compaiono le prime testimonianze di una tipologia di uva coltivata nel territorio di Tivoli e Pompei che sembrerebbe essere riconducibile al Pizzutello.
La certezza che si trattasse proprio di “uva corna” non c’è, così come non è accertata l’eventualità che questa varietà sia invece arrivata a Tivoli dalla Francia, importata dal Cardinale Ippolito d’Este nel XVI secolo, quando costruì proprio in questa località poco distante da Roma la sua abitazione, Villa d’Este. Di certo c’è che nell’orto di questa villa – che oggi è un bene protetto dall’Unesco – veniva coltivata la vite di Pizzutello, per la sua bellezza oltre che per la sua bontà. Ed è proprio nella via che corre alle spalle della Villa, cioè la Strada degli Orti, che ancora oggi vi sono gli appezzamenti di terra coltivati a questa varietà.
«Il Pizzutello lo coltiviamo negli orti, non nelle vigne», spiega Bruna Grossi, referente dei sei produttori storici che aderiscono al Presidio Slow Food, per un totale di circa 25 quintali annui di uva. In altre parole, significa che non si pianta a filari, bensì a pergole, sulle quali si aggrappano le viti, sotto le quali invece talvolta vengono seminate lattuga, fave e piselli.
Accanto a loro, poi, spesso ci sono le rose, custodi e sentinelle delle uve che colorano e profumano gli orti tiburtini. Nei decenni, questi caratteristici pergolati hanno contribuito a rendere unico e prezioso il paesaggio di questo angolo di Lazio: tradizionalmente, come pali di sostegno, si usavano infatti forcinotti di castagno, e per legare le piante si usava un’erba locale, la cosiddetta “cartica”. Elementi, questi, che i produttori di oggi continuano a tramandare di generazione in generazione, e che rappresentano un tratto distintivo di quest’area.
Il Presidio Slow Food dell’uva Pizzutello di Tivoli, d’altronde, non celebra soltanto il prodotto di una terra fertile, ma intende anche tutelare il paesaggio agrario e fungere da ulteriore vetrina per un’area dalla già notevole vocazione turistica. «Questo riconoscimento è punto di partenza per continuare a valorizzare l’enorme potenziale che abbiamo nel territorio Tiburtino e nella Valle dell’Aniene, consapevoli che ogni alimento è anche un bene culturale oltre che gastronomico» spiega Gabriella Cinelli, referente della Condotta Slow Food Tivoli e Valle dell’Aniene e cuoca dell’Alleanza Slow Food.

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