Esistono casi in cui un’eredità, anziché un beneficio, può trasformarsi improvvisamente in un incubo, da cui si rimane intrappolati senza una concreta via di fuga. E’ quello che accade nel nuovo horror firmato da Pascal Laugier, dal titolo La casa delle bambole – Ghostland, nei cinema dal 6 dicembre, distribuito da Koch Media.
Pauline e le due figlie adolescenti, Beth e Vera, ricevono in eredità una vecchia villa piena di cimeli e bambole antiche che rendono l’atmosfera tetra e inquietante. Durante la notte, due intrusi penetrano nella casa e prendono in ostaggio le ragazze. Pauline lotta disperatamente per la vita delle figlie e riesce ad avere la meglio sugli assalitori, ma il trauma di quella notte segnerà per sempre il destino delle ragazze. Mentre Beth riesce a reagire e a lasciarsi il passato alle spalle, diventando una scrittrice di successo, Vera invece non supera lo shock e si rinchiude nelle sue paranoie. Sedici anni più tardi Beth riceve una telefonata dalla sorella che le chiede aiuto. La ragazza ritorna così nella casa delle bambole dove scoprirà che l’incubo, in realtà, non è ancora finito.
Il cast è composto da Taylor Hickson, Rob Archer, Emilia Jones, Adam Hurtig e Anastasia Phillips.
Alla vicenda terrificante, la storia mette in parallelo il rapporto tra le due sorelle, una più introversa e fantasiosa, mentre l’altra con i piedi per terra e le mani sempre sul suo IPhone: «essenzialmente l’idea era di descrivere la vocazione di Beth – spiega il regista francese – e cioè quella di una giovane ragazza che attinge dall’orrore della sua esperienza passata l’ispirazione stessa del suo futuro lavoro. Di fatto, potremmo definire questo genere di film proprio così: ‘Cerchiamo di trasformare in oro le nostre angosce più profonde’. Si tratta di un paradosso che mi ha sempre affascinato nei film horror».
I due personaggi cattivi hanno un aspetto grottesco che crea grande inquietudine, rendendo la percezione della minaccia ancora più insidiosa e suggestiva.
Tra i punti di forza che arricchiscono la realizzazione del film, sicuramente la fotografia, curata da Danny Nowak, così come per la scenografia di Gordon Wilding.
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