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Abbigliamento da lavoro: come sceglierlo correttamente

Abbigliamento da lavoro

L’ambito dell’abbigliamento da lavoro è molto ampio, perché si definisce così qualsiasi abito, calzatura o indumento che si utilizza sul posto di lavoro. Sono compresi nell’abbigliamento da lavoro anche i cosiddetti DPI, Dispositivi di Protezione Individuale, ossia gli accessori di cui il lavoratore necessita per essere protetto da eventuali incidenti o danni correlati all’attività lavorativa.

Chi decide cosa indossare al lavoro
In linea generale ognuno ha la libertà di indossare ciò che desidera sul posto di lavoro, a patto di mantenere un aspetto gradevole e rispettoso della pubblica decenza. Sono però molto varie le posizioni lavorative in cui è necessario avere un contatto con il pubblico, con i clienti dell’azienda, o anche le professioni per cui si indossa una divisa. Chiunque abbia l’obbligo di indossare un’uniforme, di qualsiasi genere, ha anche la responsabilità di mantenerla pulita e decorosa; per altro nella maggior parte dei casi in cui ciò avviene è il datore di lavoro che si preoccupa di fornire ai propri dipendenti tutto ciò che serve per l’abbigliamento da lavoro. Nel caso in cui il proprio ruolo richieda di indossare regolarmente abiti di un certo genere, ad esempio particolarmente eleganti, i dipendenti dell’azienda possono richiedere di ricevere una remunerazione che tenga conto delle spese correlate a tale obbligo.

I dispositivi di protezione individuali
Diversa la situazione in cui un addetto abbia l’obbligo di utilizzare specifici DPI; tale obbligo è infatti indicato da apposite leggi. La legge che riguarda i DPI tratta in primis l’obbligo del datore di lavoro di rimuovere, per quanto possibile ogni rischio correlato all’attività lavorativa. Ove ciò è impossibile dovrà valutare quali dispositivi di protezione individuale siano necessari in ogni ruolo aziendale, e in ogni attività svolta quotidianamente. Tali DPI devono essere consegnati al lavoratore, a spese del datore di lavoro; costui ha anche l’obbligo di verificare periodicamente l’esistenza di materiale che protegge in modo più consono il lavoratore e, ove esistano prodotti idonei, di fornirli al proprio dipendente.

Vestirsi in modo adeguato in ufficio o in negozio
Sono poi presenti numerosi contratti lavorativi che specificano come un lavoratore deve presentarsi per il turno lavorativo; in numerose attività commerciali, ad esempio, gli addetti indossano camici o abbigliamento di uno specifico colore. Anche in questi casi è il datore di lavoro che provvede all’acquisto dell’abbigliamento che, in caso di licenziamento, il lavoratore deve riconsegnare. Costui ha anche l’obbligo, in genere, di mantenere in modo adeguato l’abbigliamento da lavoro, di conservarlo pulito e in ordine. La legislazione vigente impedisce ai datori di lavoro di stabilire unilateralmente delle regole di vestiario scritte che ledano la personale libertà di espressione. Quindi, è possibile pretendere che il lavoratore che ha una specifica funzione si rechi al lavoro con un abbigliamento che non sia eccessivamente volgare, che mantenga in modo decoroso la propria persona. Non è invece possibile richiedere una disciplina che dia delle indicazioni di genere (ad esempio è vietato richiedere alle lavoratrici di sesso femminile di non indossare mai i pantaloni), o vietare di tenere i capelli più o meno lunghi, indossare gioielli di un certo tipo o avere tatuaggi, quando ciò non è contrario alla pubblica decenza.

Foto: Pixabay

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