«Volevo raccontare le donne che conosco, le donne che si sono realizzate attraverso la loro professione, e quindi non hanno per forza la necessità di realizzarsi attraverso la maternità, ma che vogliono perseguire la coppia, per esempio, come forma di vita, e poi le donne che cercano di essere madri perché il loro istinto è essere genitori». Commenta così Michela Andreozzi, regista e attrice dell’opera prima “Nove Lune e Mezza”, in sala dal 12 ottobre, prodotta dalla Paco Cinematografica in collaborazione con Vision Distribution.
E’ una storia tragicomica, piena di situazioni paradossali, che ruotano attorno a due sorelle, due modi diametralmente opposti di stare al mondo: Livia e Tina (rispettivamente Claudia Gerini e Michela Andreozzi), entrambe sulla quarantina, tanto unite quanto diverse.
La prima è una violoncellista bella e sfrontata, dall’anima rock. Modesta, detta Tina, è un timido vigile urbano che ha messo da parte la laurea per il posto fisso. Entrambe hanno un compagno: Livia convive con Fabio (Giorgio Pasotti) un osteopata dolce e carismatico, Tina con Gianni (Lillo) un collega ordinario e intollerante.
Livia difende da sempre la sua posizione di donna che non desidera avere figli, mentre Tina tenta da anni di restare incinta, senza risultato: quando Tina, dopo tanti tentativi inizia a perdere la testa, Livia, consigliata dall’amico ginecologo, l’audace Nicola (Stefano Fresi), decide di portare avanti una gravidanza per lei.
Nei successivi nove mesi, Livia dovrà nascondere la pancia crescente, mentre Tina fingerà di essere incinta, dando vita a una serie di situazioni tragicomiche che coinvolgeranno anche la famiglia di origine: una mamma campionessa di ragù, un padre idealista e sognatore, un fratello neocatecumenale con moglie devota e quattro figlie femmine.
Lo scontro tra Tina e Livia si evolverà fino alla comprensione reciproca, per poi ritrovarsi sempre più unite.
La commedia offre anche alcuni spunti sociali molto attuali, come la questione dell’utero in affitto e l’omogenitorialità. E proprio sulla prima tematica, la regista si chiede come mai all’interno dell’atto d’amore, una donna non può offrire qualcosa di suo, spontaneamente, senza nessun tipo di sfruttamento? Ovvero fino a che punto siamo in grado di spingersi per l’amore verso un’altra persona?».
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Foto di Giuseppe Andidero, Edmondo Zanini