Dal momento del suo insediamento del 20 gennaio, il presidente Donald Trump si è mosso rapidamente per attuare i provvedimenti previsti dalla sua “agenda di cambiamento”. Ha firmato diversi ordini esecutivi che stanno facendo discutere in tutto il mondo, da lui giustificati come priorità di politica interna. Il famigerato muro con il Messico e il divieto di ingresso negli U.S.A. ai musulmani, o meglio quegli individui potenzialmente connessi con il terrorismo islamico. Difronte a quest’ultimo provvedimento, velato di razzismo, il presidente americano ha tentato di trovare una giustificazione, precisando che «non è un bando dei musulmani, come riferiscono falsamente i media. Non riguarda la religione, ma il terrorismo e la sicurezza del nostro Paese. Ci sono oltre 40 paesi in tutto il mondo a maggioranza musulmana che non sono toccati da questo ordine».
Una delle più immediate conseguente di queste decisioni della Casa Bianca riguardano il caos negli aeroporti: diversi avvocati esperti di immigrazione e datori di lavoro, a tale proposito, hanno messo in guardia i cittadini a rischio di non lasciare gli Stati Uniti per non rischiare di non poter rientrare.
Il problema riguarda anche Università, ospedali e aziende di tecnologia fortemente preoccupate dall’ordine esecutivo, che minaccia o ha già interessato medici, studenti, ricercatori, ingegneri e altri lavoratori.
L’opposizione di una buona parte degli americani continua così a farsi sentire, facendo leva soprattutto sul fatto che l’accoglienza in base al criterio religioso è incostituzionale e viola la libertà di religione del primo emendamento.
Anche dal fronte europeo il disaccordo con la politica di Trump è abbastanza netto: «L’Europa continuerà a cooperare con tutti i paesi, a prescindere dalla loro religione, e prendendosi cura di ospitare i rifugiati siriani e altri che fuggono dalle guerre», ha riferito Federica Mogherini, alta rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha precisato che «la necessaria e decisiva lotta al terrorismo non giustifica in alcun modo un generale sospetto contro persone di una specifica fede, in questo caso musulmana, o persone di specifica origine».
Addirittura, secondo il Washington Post, la misura introdotta da Trump sul divieto di ingresso ai musulmani rappresenterebbe, per i jihadisti, una conferma dell’entrata in guerra degli Stati Uniti contro l’Islam, tanto che gli islamisti, sulla rete, l’avrebbero comparata all’invasione dell’Iraq nel 2003. Un’invasione che al tempo, gli stessi miliziani avevano definito “benedetta”, perché avrebbe potenziato l’odio anti-Occidentale nel mondo islamico.