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Dati allarmanti quelli divulgati dal WWF, l’ente non governativo per la protezione ambientale, che riguardano la riduzione dei ghiacci del pianeta. Recenti evidenze scientifiche, infatti, segnalano la preoccupante riduzione dei ghiacci delle zone polari: qui l’aumento della temperatura media è il doppio di quella registrata nel resto del globo.
Nell’Artide, ad esempio, nel 2012 i ghiacci marini estivi hanno raggiunto un posizione minima, quasi il 50% e la calotta artica si sta riducendo in maniera drastica. Il tasso di decrescita dell’estensione della superficie ghiacciata marina nell’Artico, secondo il quinto rapporto dell’IPCC, è tra il 3.5 e il 4.1% per ogni decennio.
La massima estensione raggiunta nel marzo 2015 è stata di 14.280 milioni di km quadrati, la più bassa delle estensioni invernali mai registrate dalle rilevazioni satellitari. Al Polo nord se il riscaldamento globale dovesse continuare con il trend attuale gli esperti prevedono che prima della metà del secolo il mare Artico sarà praticamente privo di ghiacci nei mesi estivi.
Anche il continente di ghiaccio dell’Antartide si è riscaldato, di circa 3°C solo negli ultimi 50 anni. In questo arco di tempo l’87% dei suoi ghiacciai si sono ritirati e ben 9 piattaforme di ghiaccio hanno subito un significativo collasso.
Il ‘terzo polo’ freddo della Terra, ovvero, i ghiacciai cosiddetti ‘alpini’ (Alpi e Himalaya, Patagonia, Alaska, ma anche Caucaso e Urali, Kilimangiaro e Ruwenzori in Africa, etc.) vede una riduzione fino al 75%, in particolare quelli sotto ai 3000 metri. Sulle nostre Alpi si è passati dai 519 km2 del 1962 agli attuali 368 km2, il 40% in meno.
Il problema non è così remoto come sembra: dal ghiaccio del pianeta dipendono risorse idriche, mitigazione del clima, equilibrio degli Oceani, emissioni di gas serra. Lo scenario peggiore per l’IPCC al 2100 prevede un innalzamento del livello dei mari da 52 a 98 centimetri. Le ripercussioni sulle società umane sarebbero enormi. Attualmente il 60% della popolazione si trova concentrato sulle zone costiere del mondo entro i 100 km dalla costa.
2 miliardi di persone soffriranno per la scarsità di acqua dovuta alla perdita dei ghiacci alpini asiatici (un quarto della popolazione attuale): 7 grandi fiumi sono infatti alimentati dai ghiacciai himalayani tra cui Brahmaputra, Gange, Indo, Mekong.
Il 95% dell’agricoltura è alimentata dai ghiacciai del Karakorum mentre in India il 65% dell’agricoltura è collegata ai ghiacciai dell’Himalaya.
Anche il clima dei paesi europei che si affacciano sull’Atlantico, compresi quelli del nord, potrebbe risentire dell’effetto fusione: il nastro trasportatore naturale degli oceani, di cui fa parte la corrente del Golfo (che nasce nel Golfo del Messico), ha consentito ad esempio a Gran Bretagna, Irlanda, Francia, e paesi scandinavi di godere di un clima mite nonostante la latitudine: la composizione salina degli oceani per effetto della fusione dei ghiacci polari rischia di rompere questa pompa di calore. Inoltre si potrebbe rompere l’equilibrio per i 4 milioni di abitanti indigeni (tra cui le piccole popolazioni di Inuit, Yupik e Sami) che hanno sempre vissuto in maniera integrata e sostenibile nella difficilissima regione artica.
Moltissime città potrebbero essere sommerse per l’innalzamento dei mari e gli eventi estremi, in particolare quelle costiere. Tra le grandi città a rischio ci sono Miami, New York, Shangai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d’Egitto.