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Come smascherare un testamento falso

Si è conclusa da poco la vicenda di un uomo sui sessanta anni, di origini pugliesi, ma residente nel canavese, che ha finto di essere in possesso di un testamento (falso in realtà), risalente al 1980, olografo, scritto di suo pugno da un facoltoso zio, che gli attribuiva un’eredità pari a 6 milioni di euro.
La Guardia di Finanza, in seguito alle indagini coordinate dal pubblico ministero Alberto Benso che si è occupato del caso di eredità a Torino, ha portato alla luce l’inganno perpetrato dall’uomo, che, dopo un lungo periodo di dispute tra parenti per accaparrarsi quest’ingente eredità, consistente in appartamenti, case e terreni, dislocati fra Roma, Genzano Romano e Velletri, ha presentato un testamento falso che lo nominava erede universale da trent’anni e più.
Il colpevole aveva asserito che aveva trovato il foglio nascosto nella cornice di un quadro, caduto durante dei lavori in una sua casa, ma gli accertamenti tecnici, partiti dopo la denuncia sporta dai congiunti dell’uomo insospettiti dalla sua azione, avevano dimostrato la falsità della sua dichiarazione.
Altro stratagemma portato avanti dal malfattore, smascherato dalle indagini della Tributaria, sarebbe stato quello di simulare una vendita dell’immobile ad un prezzo decisamente inferiore rispetto a quello di mercato, tramite l’aiuto di un complice, cosa che avrebbe impedito agli altri eredi di ottenere la parte spettante per legge di successione.
La Guardia di Finanza di Torino ha stabilito il sequestro preventivo dei beni coinvolti, oltre ad aver disposto l’accusa di falso in scrittura privata, aggravato dall’età delle persone offese e dall’entità dei beni in questione, per il sessantenne ideatore del testamento falso, mirato a tenere l’eredità solo per sè.
Del resto, si sa, le perizie grafologiche o grafotecniche (dette anche calligrafiche) possono verificare, attraverso l’analisi e la comparazione della grafia, se ci si trova di fronte ad un testamento autentico (quindi olografo) oppure falso (quindi apocrifo).

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