Dopo i recenti e drammatici attentati terroristici di matrice islamica nell’occidente, oltre alla paura, si sta verificando un interessamento crescente sulla questione religiosa, o meglio il tentativo di approfondire alcuni dei contenuti cardini su cui poggia la religione islamica. Per aprire una via di dialogo con colui che viene reputato “nemico”, l’informazione risulta indispensabile. Al contrario la disinformazione e la manipolazione di certe notizie può creare confusione, se non addirittura pregiudizi ingiustificati nei confronti dei musulmani. Sarebbe persino inutile rivangare la solita frase buonista, spesso usata a sproposito, “fare di tutta l’erba un fascio” .
Il dubbio rimane quando non si trovano spiegazioni esaurienti in merito ad un mancata presa di distanza netta da parte dei musulmani moderati nei confronti dei terroristi che usano il nome di Allah per uccidere. Non bastano le parole per distinguersi tra i “buoni e i cattivi”. Occorrono fatti concreti e significativi.
Oramai stanno divenendo di dominio pubblico, oltre che virali, alcuni versetti del Corano che inneggerebbero alla violenza e alla guerra. Ricordiamo che il libro del Corano è unico e vale sia per i musulmani cosiddetti “moderati” che per gli estremisti. Proprio perché della stessa sostanza di Allah, il testo sacro dell’Islam ha un valore assoluto, universale e eterno.
Per chi invece volesse fare un parallelo con l’Antico Testamento della Bibbia, ad esempio, che è un testo scritto da uomini ispirati da Dio, contiene anche alcuni versi alquanto ostili nei confronti del rispetto dei diritti umani, ma vanno comunque contestualizzati all’epoca in cui sono stati scritti e in quale circostanza specifica. Sta di fatto che i cristiani di oggi, coniugando fede e ragione, considerano anacronistici quei circoscritti versi violenti, poiché inapplicabili in una moderna società civile. La stessa considerazione resta difficile da avvalorare anche nella tradizione dello shari’a.
Una delle citazioni del Corano che suscitano maggiori polemiche da parte dei neofiti, viene spiegata dalla comunità islamica in relazione alla variabilità di traduzione in italiano. Il problema tuttavia persiste in quanto leggendo differenti traduzione, l’ipotesi di istigazione ad atti violenti o bellici non svanisce affatto.
Recentemente Papa Francesco ha dichiarato che «il Corano è un libro di pace». Cerchiamo allora di capire quanto ci sia di vero leggendo una dei versetti più in voga in questo periodo, confrontandoli con traduzione differenti.
«Quando incontrate gli infedeli, uccideteli con grande spargimento di sangue e stringete forte le catene dei prigionieri». (Sura 47:4).
Prendiamo ora come riferimento una delle traduzioni del Corano in italiano più diffuse e accettate da tutte le comunità islamiche in Italia, quella fatta da Hamza Piccardo (un italiano convertito all’Islam negli anni ’70).
«Quando [in combattimento] incontrate i miscredenti, colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati, poi legateli strettamente. In seguito liberateli graziosamente o in cambio di un riscatto, finché la guerra non abbia fine. Questo è [l’ordine di Allah]. Se Allah avesse voluto, li avrebbe sconfitti, ma ha voluto mettervi alla prova, gli uni contro gli altri. E farà sì che non vadano perdute le opere di coloro che saranno stati uccisi sulla via di Allah.»
Questa nuova versione potrebbe apparire più addolcita rispetto a quella precedente, ma non è facile intravedervi segnali di pace.
Esistono diversi altri versetti del Corano, sempre su questo stile, basta leggerli e cercare di tradurli, possibilmente, in una versione meno aggressiva.