Cinema, teatro, doppiaggio, canto lirico… Erika Kamese, attrice palermitana, ha intrapreso già da alcuni anni la strada dello spettacolo, concentrando gran parte delle sue forze verso quella meta a cui molti ambiscono. «Sin da piccola, dopo e durante lo studio del canto lirico, io e mio fratello, ed io in particolare, eravamo attratti dalla visione di film, dai quali, per gioco, realizzavamo delle scene davanti ad una telecamera, posizionata in un comodino della casa, trascorrendo intere ore per tanti pomeriggi». Fu proprio questa passione che portò Erika a Roma per poi impegnarsi costantemente nello studio e nella formazione artistica, frequentando diversi corsi e master di recitazione.
Come leghi la tua attività di cantante lirica alla recitazione?
Senza alcun dubbio saper cantare bene è una dote rara che ad un’attrice può aiutare molto. Infatti pochissime se non rarissime attrici possono vantare di essere anche cantanti e saper cantare molto bene.
Il mio Maestro, Michele Perriera, un giorno mi disse: “Una cantante con una voce come la tua, può avere la stessa identica sensibilità per interpretare al meglio, ed essere credibile”.
Mi definisco un’attrice prestata al canto, di tanto in tanto, o per spettacoli o quant’altro. E’ bello saper cantare, poiché non solo quando interpreti, ma quando canti, fuoriesce la tua “essenza” più o meno recepibile, a coloro che ne sanno cogliere l’intensità.
L’esperienza in qualità di attrice che più ti ha lasciato un segno?
Il film su Bartolo Longo mi ha emozionato profondamente. Io sono molto sensibile e attratta dalle tematiche sociali. Tanti anni fa ho lavorato come educatrice al Centro Padre Nostro a Brancaccio, nel quale operava il parroco Pino Puglisi, ucciso vigliaccamente dagli uomini della mafia. Ebbene quell’esperienza lavorativa molto forte, con i minori a rischio, mischiata a questo film ha mutato particolarmente la mia vita, plasmandomi come persona e lasciandomi dentro una vena indelebile nella mia vita.
Bartolo Longo era un avvocato, ma prima di tutto un uomo di Dio che fece del bene alle persone meno fortunate e povere d’amore, un qualcosa che non si dovrebbe chiedere, ma donare a prescindere… l’Amore.
Egli costruì il Santuario della Madonna di Pompei, e le case per i figli dei genitori carcerati. Essendo un avvocato, seguì la scienza, ma quando essa si rivelò nemica della carità, lasciò la scienza per seguire la carità. Io interpretavo il ruolo della coprotagonista, la Baronessa Caterina Scazzeri, cugina e innamorata di Bartolo, la quale costruì una casa per i poveri disagiati e bisognosi; l’Istituto Caterina Scazzeri a Latiano. Per me è stato un onore interpretare il ruolo di una ragazza buona e altruista, esistita nella storia.
Un altra esperienza importante è stata quella del film “La trottola di Riccardino”, per la regia di Gianluca Menta, trasmesso su Rai cinema. Interpretavo il ruolo di Angelica, la coprotagonista della storia. Si parlava di povertà e di come ci si poteva divertire con poco: i bambini giocavano solo con una trottola!
Come è nato l’incontro con Pupi Avati e cosa ti è rimasto di quella esperienza?
Dopo la lettera che gli scrissi, fui chiamata da lui. Per me fu davvero una bella esperienza lavorare nel film “Il ragazzo d’oro” a fianco del Maestro. E’ stata inoltre una forte emozione poter scambiare quattro chiacchiere con lui prima di girare. Avevo il cuore in gola, quando ci siamo abbracciati. Non dimenticherò mai quell’istante.
Pensi sia un problema legare efficacemente la vita sentimentale con quella professionale?
Questo è un lavoro particolare e purtroppo non tutti accettano l’idea di vivere e trascorrere la propria vita con un’artista, un’attrice, un cantante, un regista.
Dal canto mio posso dire che fino a quando non sono stata innamorata di nessun uomo non ho avuto molti problemi, è ciò mi è sempre capitato, poiché per me è molto raro lasciarmi andare totalmente a qualcuno.
Sono sempre stata un essere libero, indipendente e totalmente incurante di rapporti privati seri. Una cosa che di certo non mi inorgoglisce. Il guaio avviene quando ti innamori veramente e con tutta l’anima dell’Uomo… l’uomo che desidera la donna solo sua, giustamente. E allora, per la prima volta nella vita, forse senti dentro di te la voglia di lasciar perdere tutto ciò che di concreto ti circonda, pur di non perdere quel vero Amore, quel “sentire” con le mani, quello sguardo che ancor prima di parlare ti fa sciogliere e svela tutto.
Quando rifletti sul tema del lavoro, pensi più a quello che potresti fare tu o a ciò che fanno le tue colleghe?
Se ci si guarda indietro non si arriva da nessuna parte. Penso piuttosto a fare bene io, degli altri non mi importa granché, come giustamente credo debba essere.
Cosa manca secondo te all’industria cinematografica italiana per riprendere quota e tornare competitiva nel mondo?
Beh… qui apriamo una piaga molto lunga purtroppo. Credo manchino molte cose; a cominciare dalla vera onestà di chi fa questo mestiere, e lo fa con il cuore.
A mio parere esiste troppa gente “mangia soldi” che non possiedono la minima preoccupazione nel realizzare qualcosa di veramente qualitativo al 100%, investendo le risorse reperite, rivelandosì così dei “mangia, mangia” e realizzare il nulla.
La mancanza di meritocrazia, il fatto che dovrebbe andare avanti e avere successo chi è davvero in gamba e se lo merita, piuttosto che favorire pseudo concorrenti dei vari reality… E’ uno scempio, per chi è un professionista con una formazione solida alle spalle, vedere lo star system totalmente errato che regna in Italia.
Tramite questa tv spazzatura, che la stragrande maggioranza della gente guarda, si continua a fornire un messaggio chiaro è semplice: “Viva il trash, abbasso la cultura”.
Credo non sia importante solo fare business, ma ritengo fondamentale realizzare prodotti che non siano sempre gli stessi, solo per la voglia di incassare, far ridere e far ridere ancora.
Si possiede poco coraggio anche per la scelta del genere di film o serie da realizzare; si tende a fare la cosa ritenuta più semplice, con le stesse persone. Ma da che mondo è mondo, bisognerebbe essere attratti da ciò che risulta impossibile: è molto più difficile fare.
Io sono così, attratta dalle cose più difficili, impossibili! Ma forse io sono nata storta…