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E’ razzismo denunciare i continui furti nella metro di Roma?

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Tra le molteplici ingiustizie, le contraddizioni e gli scandali della politica italiana, molti cittadini sono costretti a subire, quotidianamente, anche le violenti prepotenze di gruppi organizzati di giovani ladri, prevalentemente ragazze, che in maniera meticolosa, sistematica e recidiva operano nelle stazioni della metropolitana di Roma per portare a casa, a fine giornata, un cospicuo bottino di portafogli e telefonini rubati ai passeggeri. A volte queste ragazze vengono arrestate ma poi rilasciate immediatamente e riaccompagnate nelle rispettive residenze.

E pensare che il Comune di Roma, solo nello scorso anno, ha speso più di 3 milioni di euro per i «progetti di scolarizzazione» a loro favore, ma i bus riservati che raggiungono anche le parti più periferiche della Capitale sono quasi sempre vuoti. Basta farsi un giro la mattina nelle banchine più affollate della metropolitana per costatare le banda di borseggiatrici composte da una trentina di ragazzine di massimo 16 anni. Varcano abusivamente e con estrema disinvoltura i tornelli della metro utilizzando la classica tecnica del “trenino”: si accodano a un passeggero intento a vidimare il biglietto per poi passare insieme a lui. Ecco che inizia il “lavoro” vero e proprio, puntando ed inseguendo le vittime, una dopo l’altra. E il reato di sfruttamento minorile che fine ha fatto? Se è questo il modo di educare i figli, anziché mandarli a scuola con le navette gratuite messe a disposizione del Comune…

“Nulla di nuovo”, direbbero molto lettori abituati a vedere tutti i giorni, con i propri occhi, scene del genere, oltre alle numerosissime video testimonianze registrate con gli smartphone o dalle telecamere di sorveglianza. Persino molti addetti alla vigilanza in servizio in queste stazioni evidenziano la propria rassegnazione di fronte ai numerosissimi e incessanti episodi di un tale malcostume.
E’ un diritto sacrosanto denunciare gli atti di criminalità compiuti da qualsiasi cittadino, da quelli gravi o meno rilevanti: l’omicidio, la frode fiscale, l’associazione mafiosa, ma anche i semplici e comuni scippi.
Fino a che si parla di quattro portafogli, nulla di grave o preoccupante, ma se i furti vengono commessi ai danni di centinaia di cittadini al giorno, tra lavoratori e turisti, commessi in maniera sistematica e recidiva (come evidenziato dai commissariati di Polizia e stazioni dei Carabinieri) da parte quasi sempre delle stesse ben note bande organizzate, allora tali reati iniziano ad avere un peso rilevante per la sicurezza (oltre che della pazienza) degli onesti cittadini.
Queste note categorie “protette”, per le quali lo Stato e i comuni sborsano cifre non indifferenti a loro favore, non possono giustificare certi atti di criminalità quotidiana con la scusante della povertà, o presunta tale, oppure dell’emarginazione e del razzismo. A tale proposito andrebbe ricordato che in Italia vivono molti immigrati stranieri i quali, nonostante la presente piaga del razzismo, sono comunque riusciti ad integrarsi e a lavorare onestamente. Come mai la stessa cosa non possiamo riscontrarla anche in quelle categorie protette (tra l’altro sono persone nate in Italia, anche se di etnia diversa) alle quali appartengono la maggioranza delle ragazze viste rubare sotto la metropolitana?
Persino il sindaco di Roma Ignazio Marino recentemente non ha potuto fare a meno di costatare una tale realtà: «Puntiamo alla formazione scolastica ma prima serve il rispetto della legalità. Sono stanco e furibondo di sentire denunce continue su roghi, furti, atti illeciti. Su questo la tolleranza, d’ora in poi, sarà pari a zero», ha dichiarato su un noto quotidiano.

Ultimamente il peso di una sorta di “dittatura latente”, sempre più pressante da parte delle più alte istituzioni, sembrerebbe inibire la legittima denuncia e lo sdegno dei comuni cittatini qualora i suddetti reati siano commessi da persone originarie di particolari e note etnie “protette”. E qui entrano in gioco le aggressioni morali di tanti buonisti fanatici che pur di difendere certe categorie cosiddette deboli, fingono di ignorare il problema dell’illegalità, accusando di razzismo, con patetica insistenza e ossessione, tutti coloro i quali certe illegalità le riconoscono e le subiscono a tutti gli effetti.

Esistono inoltre varie associazioni costituite per tutelare i diritti di queste minoranze, ma spesso, alcune di esse, si dimenticano dei doveri. Un ente in particolare, arricchisce le proprie casse con alcuni dei risarcimenti di numerose denuncie per istigazione al razzismo verso organi di stampa che avrebbero solamente adempito al comune diritto di cronaca. La cosa singolare sta nel fatto che il titolare dell’associazione in questione vanta una pesante condanna penale per appropriazione indebita e falso ideologico!

Se è vero che spesso la questione dell’illegalità viene usata anche come pretesto per alimentare l’odio razziale, è anche ben evidente che il vero razzismo non ha nulla a che vedere con il rispetto della legge, perché in Italia, come in tutto il mondo, la legge dovrebbe essere uguale per tutti, senza l’esclusione delle categorie deboli o protette dal diffuso ostentato perbenismo che spesso contribuisce a ostacolare il rispetto della legalità e dei diritti di tutti i cittadini.

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